Pescara, Nichi Vendola alla festa di Sel: prove di campagna elettorale

vendola_nichiPescara. Nemmeno la pioggia ha fermato Nichi Vendola e i tanti sostenitori accorsi al parco Villa Sabucchi questo pomeriggio per ‘Sinistra in festa’, la tre giorni di eventi organizzata dal locale gruppo di Sinistra ecologia e libertà. Un intervento appassionato e appassionante, quello di Vendola, che ha spaziato dal rinnovamento della sinistra italiana, alla sanità, alle nuove generazioni, girando non troppo alla larga dalla sua candidatura alle prossime politiche.

Piove su Villa Sabucchi, ma non basta a far staccare gli occhi del pubblico composto dai tanti componenti del centrosinistra e della sinistra locale e regionale, ma soprattutto dai numerosissimi appassionati, da Nichi Vendola: Presidente della Regione Puglia e portavoce nazionale di Sel. Il carisma che lo contraddistingue non si fa attendere, e alle prime gocce Vendola subito ironizza: “Piove…governo ladro! Ma non abbiate paura, questa è acqua pubblica”. Parole da uomo di piazza e che le piazze vorrebbero seduto in alto, al posto di colui che Vendola attacca sin dai saluti iniziali, rivolgendosi in prima fila a Stefania Pezzopane: “A te va il mio saluto personale; quando ho saputo che non ce l’hai fatta alle ultime provinciali mi sono messo a piangere: è una vera ingiustizia, tuttavia attorno a quella vicenda si è toccato il punto più alto della favola berlusconiana e siamo stati strappati fino in fondo da quella cattiva affabulazione”. I successivi saluti polemici Vendola li rivolge ai precari della scuola, invocando, immediatamente, il valore della resistenza: “Bisogna resistere, fare una battaglia contro questa pomposa e retorica riforma della scuola. L’Italia è al 38esimo posto tra i Paesi Ocse, subito dopo la Slovacchia, per investimenti sull’istruzione. Una società che non investe in scuola, università e ricerca è una società di morti e a questo dobbiamo ribellarci”, tuona scatenando il primo di una lunga serie di scroscianti applausi. Inevitabile, per i giornalisti che moderano l’incontro non accennare alle mosse finiane, e interrogato sulle conseguenze ricadute sul centrosinistra, Vendola spiega il neologismo attribuitigli ieri sulla stampa: “Dire no all’ ‘alleanzivismo’ significa bocciare di netto l’Ulivo per come sta cooptando altre persone a sinistra. È significativo che la gente ottenga da Fini parole che si vogliono udire dal Pd, ma il centrosinistra deve essere in grado di interpretare questo passaggio storico non percorrendo vecchi sentieri o facendo meglio cose che in passato hanno portato al fallimento.” E subito ritira in ballo il berlusconismo, lasciando trapelare il suo sentore verso il momento storico attuale, utile a far voltare pagina : “Il berlusconismo è entrato dentro di noi, nello spirito pubblico di un’Italia ammalata nel suo complesso. Berlusconi è stato bravo a farci abituare ad una politica che parla di amore, di invidia, di rancori: ha proiettato Beautiful in 20 anni di scena pubblica, sconfiggendo con le fiction e i reality la scuola pubblica e marginalizzando gli insegnanti. Bisogna seppellire questa lunga stagione di narrazione e mettere in campo un altro racconto”.
Le critiche alla sinistra italiana. Mai nascoste nei suoi discorsi (d’altronde si propone come il rinnovatore della propria ala politica) le critiche ai propri colleghi sinistrorsi. Non si fa mancare l’occasione nemmeno sul palco di Pescara parlando in ottica di rientro nei ranghi parlamentari: “Entriamo con lo stesso spirito con cui l’ultimo Governo Prodi è andato a sbattere. Quale speranza possiamo dare alle nuove generazioni con questo spirito? Voglio parlare di dare una nuova speranza di cambiamento, non di numeri e di nomi da portare in Parlamento”. Esce fuori, più forte delle sue blande resistenze, lo spirito artistico-intellettuale che contraddistingue il politico con l’orecchino e le scarpe di vernice, e cita il regista Woody Allen, inferendo un’altra stilettata alla sinistra: “La sinistra è afflitta dalla sindrome di Zelig: usa il linguaggio e si mimetizza con i tratti dei suoi interlocutori, non è capace di parlare con un punto di vista autonomo. Si può parlare con tutti i poteri forti del Paese, ma non in ginocchio, bensì con l’orgoglio delle proprie ragioni”. Non nasconde nemmeno il suo desiderio di vanità, Vendola,  e ribadisce senza modestia le sue azioni: “Molte volte, esponenti della sinistra sono andati a mimetizzarsi a casa degli altri e sono stati fischiati. Io sono andato a parlare a casa della Marcegaglia e di Zaia battendoli, a detta della stampa, sull’applausometro usando le ragioni della sinistra. Si può fare, basta farlo con coraggio. Io non ho paura: smettiamola di avere paura delle nostre idee e delle nostre parole”.
Finmeccanica e Marchionne. E’ l’argomento del giorno, l’annullamento del contratto per i metalmeccanici attuato da Finmeccanica e da Fiat. Questa l’opinione del governatore della Puglia: “Finmeccanica ha sbagliato gravemente, seguendo la linea di Marchionne che prospetta una globalizzazione inaccettabile, basata sullo schiavismo. Il diritto allo sciopero non è argomento da bolscevismo ma un presidio di libertà. Chi pensa che la competizione sia da fare sul modello della Cina si sbaglia, seppure in Cina sono esplose le lotte operaie arrivate perfino a numerosi suicidi che hanno fatto aprire la questione al governo cinese e ora le vertenze operaie stanno portando ai raddoppi salariali e ad altri traguardi, ma questo forse Marchionne non lo sa”. Anche qui arriva affilatissima la rasoiata alla gola dell’attuale governo: “Il Governo dovrebbe agire da arbitro in questa questione, invece prende a calci chi si batte per le normative per la sicurezza sul lavoro. In questo Paese si riconosce come sacro il diritto alla vita di un feto, ma la vita di un operaio vale meno di quella di un feto”, esclama alzandosi dalla sedia.
La sanità. E gli strascichi giudiziari. Laddove due Giunte regionali (abruzzese e pugliese) sono state smottate da inchieste giudiziarie sulla sanità pubblica, Vendola è chiamato a rispondere sulle modalità di reazione di un leader a detti fenomeni. E Vendola così risponde, affermando il principio di legalità contro ogni minimo sospetto: “Io ho conosciuto giorni amari a proposito, ma la differenza rispetto ad altri racconta che Formigoni ha attaccato i giudici che hanno fatto arrestare il suo assessore Prosperini, fin quando Prosperini non ha patteggiato ammettendo il reato, mentre io ho decapitato una giunta e un pezzo della classe dirigente pugliese prima ancora che avvenisse alcun arresto”. Più concentrato sulla gestione della sanità, dichiara: “Si ragiona troppo con una logica ragioneristica. Se non si distribuiscono sul territorio i servizi socio-sanitari per drenare la domanda di sanità, questa domanda si riverserà per forza sui grandi ospedali con un inevitabile aumento della spesa pubblica: per fare risparmio c’è bisogno di investimenti, non di tagli. Poliambulatori, consultori, assistenza domiciliare agli anziani, strutture sul territorio, in modo da recuperare le risorse per concentrare negli ospedali i servizi di eccellenza e qualità”. Un dibattito sul quale la politica lavora intensamente, ma Vendola commenta: “Un dibattito iniziato realmente da nessuna parte. La politica non è il male della sanità. Sotto c’è un livello di corruzione stratificato, fatto di lobby ospedaliere, universitarie, etc. Questa corruzione si potrà vincere solo se capiremo che la priorità non è il rapporto aziendale tra domanda e offerta, ma il diritto del malato ad essere curato”.
Elezioni e leadership. Caldeggiata da lungo tempo la sua prossima candidatura alle primarie e alla corsa come nuovo leader della sinistra del Belpaese, a Nichi Vendola viene chiesto cosa farebbe con il potere d’azione in mano. “Lotta ad ogni forma di povertà”, risponde immediato. “Parlare oggi di povertà non significa rifarsi ad un genere letterario ottocentesco. In Europa sono 80 milioni i poveri, e in Italia stanno aumentando: non può esistere cambiamento che non parta da questo punto. Oggi la povertà è più complessa: ci si sta abituando all’idea che si entra nel mondo del lavoro e subito si deve fare i conti con la tagliola della precarietà. Non si può lavorare convivendo con quest’angoscia e quest’ansia”, dice, e poi torna a svegliare il suo popolo: “Non dobbiamo farcelo dire dal Papa che la precarietà mina la convivenza civile: possiamo dirlo anche noi”. Una politica rivolta al lavoro e ai giovani, quella dell’ex rifondarolo, che ai giovani dedica una particolare considerazione: “Come faccio a dire ai miei ragazzi che gli tocca saltare il turno, a dire a una intera generazione che la cancelliamo con un tratto di penna per colpa della crisi? La politica deve elaborare un sentimento di indignazione contro il taglio della futura generazione e da lì deve partire ogni attività di governo. Altrimenti si instaura un regime del cinismo, una dittatura che è perdurata anche a causa della subordinazione della sinistra.
E cosa farebbe un leader, come Vendola, in mezzo ad una temperie che manda all’aria una Giunta? Ad un (futuro) leader come Vendola non interessa: “Guai ad affidare ad un leader un ruolo salvifico e taumaturgico”, risponde, “gli uomini della provvidenza hanno già fatto troppi danni. Il leader è solo un epifenomeno, il fenomeno è la domanda di cambiamento che c’è in un popolo e un leader deve interpretare questo sentimento di rinnovamento.
Terremoto, ricostruzione e censura. “Non si ricostruisce una città come L’Aquila assegnando dei loculi”, dice Vendola, “ma facendone ritrovare la storia. E’ una vergogna che quello è andato a parlare di ‘new towns’”, altro attacco diretto al Presidente del Consiglio, “in una delle città d’arte più belle del mondo”, torna ad urlare Vendola. “Solo chi è tornato con i carretti sotto casa”, sottolinea riferendosi alla cosiddetta ‘rivolta delle carriole’, “è stata bucata la censura e si è scoperta la geometrica potenza di una cricca di affari e corruzione. L’emergenza giustifica l’azione oltre i termini normali di legge e la militarizzazione: troppo tardi, purtroppo, si è capito e denunciato, anche grazie al film ‘Draquila’ di Sabina Guzzanti, fino in fondo cosa e successo davvero”.
Ricollegare l’Abruzzo al sud. Avviandosi alla conclusione, anticipata dall’incedere della pioggia e dagli impegni che vedono Vendola a Lanciano in serata, il portavoce nazionale di Sel avanza la proposta di ricollegamento tra Abruzzo e sud Italia: “ma un sud fatto di cose buone, non una palla al piede di cui liberarsi”, aggiunge. Un sud dal quale far fuoriuscire una nuova classe dirigente del Paese: “Per noi non deve valere quello che vale per il nord dei leghisti. Dobbiamo essere meridionalisti, suggerire al nord il nostro modello di sviluppo, fatto di ricchezza di rapporti sociali e umani e della bellezza che resiste. Dobbiamo essere noi i primi critici del sud delle mafie e sostenere l’economia della bellezza, della creatività e della qualità della vita.
Basta nostaglie! Ultimi minuti, la pioggia aumenta e a Vendola viene dato un ombrello. Rosa. Lui non si scompone, e scherza: “Mi sento Mary Poppins”. Ma non scherza quando conclude, esaltando la speranza dell’Italia e quella che gli italiani di sinistra ripongono in Vendola. Queste le parole di saluto al pubblico di Pescara, ennesima testimonianza di un politico dalla volontà vincente, quindi desideroso di competere: “Il centrosinistra non può vincere se si presenta come una squadra di amministratori di condominio; si può vincere solo con il ‘principio speranza’. È la nostalgia che fa perdere l’anima alla sinistra. Facciamo vincere la speranza: abbiamo il dovere di far vincere un Italia migliore, l’Italia di chi ha patito in questi anni; bisogna trovare una nuova bussola, non aver paura di inventare nuovi timoni per andare al largo e dare la speranza a chi la speranza l’ha perduta”.

Daniele Galli

 

 

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