Rigopiano, partono gli interrogatori a politici e dirigenti della Regione Abruzzo

Pescara. Sono iniziati oggi gli interrogatori dell’ultima tranche di indagati nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Pescara sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, travolto il 18 gennaio 2017 da una valanga che provoco’ 29 morti.

Questo filone ha acceso i ‘riflettori’ anche sull’operato dei diversi livelli politici e dei vertici regionali e mira ad individuare eventuali responsabilità nella mancata realizzazione della Carta di localizzazione del pericolo da valanghe. Tra i 15 indagati di questo filone ci sono il presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, e gli ex governatori Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi.

Il primo ad essere interrogato oggi dal procuratore capo Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia e’ stato Vincenzo Antenucci (dirigente regionale del Servizio previsione e prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013). Antenucci, assistito dagli avvocati Mario Petrella e Franco Colucci, ha risposto alle domande dei pm, per oltre un’ora, fornendo le sue spiegazioni. “Non ci sembra – ha detto l’avvocato Petrella ai cronisti al termine dell’interrogatorio del suo assistito – possano esserci aspetti in grado di preoccupare Antenucci, che come dirigente della Regione non poteva disporre delle spese. C’era una legge regionale che non aveva copertura finanziaria, ma l’obbligo di dare copertura alla legge spettava all’organo politico”.

Antenucci è accusato, in concorso con altre persone, di avere omesso “di attivarsi affinché venisse dato corso, quanto prima, alla redazione e alla realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli di valanga per tutto il territorio della regione Abruzzo”.”Come avrebbe potuto – ha sostenuto l’avvocato – predisporre un appalto, per assegnare l’incarico di realizzare la Carta valanghe, quando era stata preventivata una spesa di 1,5 milioni di euro che pero’ non c’erano?” L’avvocato Petrella ha inoltre sottolineato che Antenucci “aveva inviato un’e-mail, alla persona deputata a decidere, nella quale si osservava che occorreva realizzare la Carta”. I due difensori, infine, hanno detto di essere “sereni”, in quanto “Antenucci ha risposto alle domande, chiarendo ogni aspetto, senza mai entrare in contrasto con i magistrati”.

“Il mio assistito aveva predisposto, insieme agli altri Servizi, delle richieste di finanziamento alla Giunta per completare questa Carta, ma purtroppo quel tipo di servizio e di gestione soffre di una cronica deficienza finanziaria”, queste le parole dell’avvocato Diego De Carolis, che assiste Carlo Visca, direttore del Dipartimento regionale di Protezione civile dal 2009 al 2012, indagato, in concorso con altre persone, nel filone dell’inchiesta riguardante la mancata realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli di valanga (Clpv). “Abbiamo tentato di chiarire che il mio assistito proviene dalle Opere marittime e quel breve passaggio che c’è stato è stato intervallato da un’altra tragedia, quella del terremoto, per cui lui si è occupato principalmente di questo aspetto – ha proseguito il legale – poi ha cessato l’incarico nel 2012 e sono passati altri anni durante i quali non ha potuto curare la disciplina per evitare che questa tragedia si verificasse”. De Carolis ha aggiunto che, “in relazione a funzioni e compiti che gli erano stati attribuiti in quel limitato periodo, il mio assistito ha svolto tutto quello che era nei suoi compiti e poteri, tenendo presente che nel decreto di nomina delle attribuzioni delle sue funzioni, erano ben specificati i compiti da svolgere. Rispetto alla legge del 1992 sulla Carta valanghe – ha evidenziato l’avvocato – era semplicemente indicato un mero adeguamento normativo, mentre su altri indirizzi, come la Carta di prevenzione degli incendi, c’erano ben altre specificazioni e infatti è stata portata a termine”.

“Non ho esercitato poteri da presidente, ma ho gestito soltanto l’elezioni. Quando mi sono insediato, era sciolto il Consiglio regionale ed era dimissionaria la Giunta, quindi, avevo solo poteri di ordinaria amministrazione e potevo fare solo atti urgenti ed indifferibili”. ha invece dichiarato l’ex vice presidente della Regione Abruzzo Enrico Paolini, subentrato a Ottaviano Del Turco da luglio a dicembre 2008 e indagato anche lui per la carta valanghe. Paolini, assistito dall’avvocato Tommaso Marchese, ha depositato anche una memoria per dimostrare la sua “totale estraneità”, nel pieno rispetto dei magistrati”. “Del Turco”, ha ricordato Paolini, “si e’ dimesso il 21 luglio e il 13 agosto ho fatto il decreto elettorale. Da quel momento, quindi, la Regione faceva soltanto ordinaria amministrazione. Non poteva fare altro”.

“Il mio assistito ha chiarito di non avere avuto alcun rapporto con l’ufficio di protezione civile, di non essersi mai occupato di protezione civile e meno che mai di avere avuto a che fare con la famosa Carta valanghe”, ha sostenuto, infine, l’avvocato Giulio Di Berardino, difensore di Giovanni Savini, direttore del dipartimento della presidenza della Regione Abruzzo per tre mesi nel 2015, interrogato nel pomeriggio.”Il mio assistito”, ha aggiunto Di Berardino al termine dell’interrogatorio, “ritiene di avere chiarito la propria posizione. D’altronde il periodo nel corso del quale ha ricoperto quell’incarico in Regione e’ stato talmente breve da non lasciargli neanche il tempo di entrare in contatto con le questioni al centro delle contestazioni”.

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