Rigopiano, la procura sui soccorsi: “Gestione superficiale e sudditanza verso i politici”

Pescara. Dai documenti che chiudono le indagini sulla tragedia di Rigopiano, emergono dettagli in serie sulle accuse mosse, anche indirettamente, dalla Procura di Pescara a tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei soccorsi, sollevando ulteriori polemiche sulla morte delle 29 persone travolte dalla valanga del 18 gennaio 2017.

Ben 18 le richieste di archiviazioni per i politici coinvolti, fra i quali tre ex presidente della Regione Abruzzo – D’Alfonso, Chiodi e Del Turco – in particolare per la mancata realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli di valanga. I pm, però, menzionano una situazione di ‘sudditanza psicologica‘ dei dirigenti nei confronti dei politici di turno che concorre a spiegare “una scorsa sensibilita’ e attenzione in materia di Protezione civile”. La procura ha chiesto l’archiviazione anche perr Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Mahmoud Srour, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca -assessori che si sono succeduti alla Protezione Civile – ed Enrico Paolini, ex vice presidente della Regione Abruzzo.

“Nel caso di specie, gli obblighi giuridici di attivarsi penalmente, rilevanti in quanto impeditivi dell’evento nelle fattispecie delittuose ipotizzate, gravano in via esclusiva sugli appartenenti alla dirigenza tecnico amministrativa dell’ente”, si legge nella richiesta di archiviazione, “non essendo emersi profili di concreto coinvolgimento degli appartenenti alla direzione politica tali da fondare anche una loro concorrente responsabilità penale”.

“E’ emersa in modo ampio e diffuso una scarsa sensibilità e attenzione in materia di Protezione civile sullo specifico tema del pericolo da valanghe da parte degli organi tecnici della Regione”, rileva ancora la procura, “In particolare, è dato un comportamento di ‘sudditanza psicologica’ gravante sulle figure dirigenziali, la cui carriera dipende gerarchicamente dal favore del politico, verso quest’ultimo: sudditanza che si traduce nel non voler porre al politico richieste (stanziamento) che si intuisce non sono nelle di lui priorità di programma”.

Secondo i pm, “questo modo di essere e quindi di operare è certamente censurabile nel funzionario ma pone un serio interrogativo anche sulla qualità di un politico che a priori viene percepito dal tecnico così sordo a ciò’ che non lo motiva politicamente, che non gli si pone nemmeno la richiesta”. “Ovviamente – proseguono i pm – questi temi non implicano un apprezzabile rilevo penale, ma e’ necessario farne qui menzione perché concorrono a spiegare le condotte (omissive) che hanno portato alla presente richiesta di archiviazione per i politici, procedendosi invece nei confronti di alcuni funzionari”.

“Laddove il rimprovero ai politici fosse nei termini di non essersi comunque attivati per realizzare una Carta di localizzazione dei pericoli di valanga (Clpv) su tutto il territorio montuoso abruzzese, che come tale di necessità avrebbe ricompreso Rigopiano, detta censura posta in riferimento alla causalità dell’evento del 18 gennaio 2017 dovrebbe necessariamente confrontarsi anche con il dato acquisito dall’integrazione di consulenza tecnica, che per licenziare operativamente una siffatta Clpv occorrono non meno di 4 anni e 4 mesi, finendo con escludere dalla rimproverabilità penale gli indagati che hanno assunto responsabilità di governo successive, cioè in tempi ormai non utili ad avere una Clpv per tutto l’Abruzzo e quindi comprendente anche Rigopiano, come tale idonea ad impedire in tesi di accusa l’evento”, scrivono il procuratore capo di Pescara, Massimiliano Serpi, e il pm Andrea Papalia.

La Procura poi esamina le specifiche condotte delle giunte succedutesi alla guida della Regione Abruzzo, a partire dall’amministrazione Del Turco, di cui era membro l’ex assessore Ginoble. “Si deve rilevare – si legge nella richiesta di archiviazione – che sono state assecondate le iniziative e le richieste della dirigenza amministrativa per la elaborazione della Carta storica delle valanghe, quale documento necessariamente propedeutico alla Clpv”. L’elaborato finale della Carta storica è stato approvato dal Coreneva, ma l’allora dirigente Vincenzo Antenucci “non ha provveduto alla trasmissione della Carta, omettendo di dare seguito a tali disposizioni dell’organo tecnico collegiale”.

Quanto alla Giunta Chiodi, la Procura fa notare che “le iniziative inerenti gli aggiornamenti della Carta storica delle valanghe sono proseguite” e che anche in questo caso il dirigente Antenucci “ometteva la trasmissione all’organo politico”. Inoltre viene evidenziato che durante la Giunta Chiodi vi è stato “un impulso politico in materia di Protezione civile” e che nel 2014 con delibera di Giunta regionale “veniva approvato l’elaborato della Carta storica delle valanghe, questa volta ritualmente trasmesso anche a tutti i Comuni dove erano state censite le valanghe, tra cui Farindola”.

Per quanto riguarda D’Alfonso e Mazzocca, infine, “non sono emersi elementi per ritenere che l’indirizzo politico già avviato in materia di Protezione civile con riferimento, in particolare, al tema della prevenzione dei rischi da eventi valanghivi in territorio abruzzese sia sostanzialmente mutato e che le direttive e le disposizioni impartite al riguardo dall’organo politico siano state revocate o disattese”. I pm sottolineano infatti che “durante tale periodo è stata ultimata la redazione della Clpv per il bacino sciistico del Gran Sasso ed impegnata la somma di 43 mila euro per la predisposizione del secondo lotto della Clpv relativo ai bacini sciistici di Aremogna, Monte Pratello, Pizzalto e Campo Felice. È stato pertanto mantenuto l’ordine di priorità temporale già indicato dal Coreneva – è scritto ancora nella richiesta di archiviazione – anche se, in realtà, mai aggiornato per inerzia della dirigenza tecnica”.

GESTIONE SUPERFICIALE DEI SOCCORSI

“Pur trattandosi di condotte connotate da superficialità e scarsa professionalità e, pertanto, eventualmente rilevanti sotto il profilo deontologico e disciplinare, l’assenza di elementi sulla loro efficacia causale rispetto agli eventi lesivi di morte e lesioni qui considerati ne esclude la rilevanza ai fini delle ipotizzate responsabilità di natura penale”. E’ quanto scrive la procura, invece, nella richiesta di archiviazione, di Vincenzino Lupi, responsabile del 118, e Daniela Acquaviva, la funzionaria della prefettura di Pescara salita alla ribalta delle cronache, perché nella telefonata del ristoratore Quintino Marcella – che per primo la sera della tragedia lanciò l’allarme – disse la frase “la madre degli imbecilli é sempre incinta”. I due sono finiti nel registro degli indagati per la gestione dell’emergenza, l’attivazione degli allarmi e la prestazione dei soccorsi, per non aver dato credito alle richieste telefoniche di soccorso avanzate prima da Giampiero Parete, uno dei superstiti della tragedia, e poi dal ristoratore Quintino Marcella.

La procura ha chiesto l’archiviazione per Lupi e Acquaviva sostanzialmente perché “non vi sono elementi sufficienti per ritenere eziologicamente ricollegabili agli eventi lesivi conseguenti al crollo dell’Hotel Rigopiano le contestate condotte tenute dai funzionari indagati che hanno determinato di certo un ritardo da una a due ore nella attivazione dei soccorsi”. Sul punto è decisiva la relazione tecnica dei medici legali che “ha escluso che i ritardi nell’avvio dei soccorsi, conseguenti alla sottovalutazione delle prime telefonate di segnalazione dell’evento che ne hanno determinato l’effettivo avvio solo a partire dalle ore 19.30 del 18 gennaio 2017, abbiano avuto influenza causale sui decessi e sulle lesioni riportate dai superstiti”.

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