Rigopiano e Mare-Monti: D’Alfonso tra indagini e assoluzioni VIDEO

Pescara. “Una boccata di onestà intellettuale”. Cosi’ il presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, commenta le dichiarazioni di ieri rilasciate, tramite un comunicato stampa, dal procuratore capo, Massimiliano Serpi, a proposito dell’iscrizione nel registro degli indagati di altre 12 persone nell’inchiesta sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano.

Il presidente della Regione Abruzzo ha parlato stamani, nel corso di una conferenza stampa a Pescara, dell’indagine a lui ascritta per la tragedia del 18 gennaio 2017 e dell’assoluzione, ottenuta ieri in Corte d’Appello, per il processo sulla Mare-Monti.

“Non esprimo soltanto solidarietà, di più, rispetto a chi non doveva perdere la vita li’. Esprimo di piu’ della solidarieta’. E non ci deve essere nessun incattivimento nonostante il grande dolore, perche’ dobbiamo trovare la maniera di restituire loro tutto quanto e’ possibile restituire, a partire da una serenita’ familiare che probabilmente e’ irritrovabile poiche’ il dolore ha tolto la vita a quelle persone”, ha proseguito il governator.

“Io sono stato – ha aggiunto – colui il quale ha facilitato anche un dialogo ad altissimo livello per fare si’ che anche le norme di questo paese siano norme all’altezza di questo dolore. C’e’ un vuoto normativo per chi patisce questo dolore. Le persone che stavano lavorando li’ e hanno perso la vita per questa catastrofe, si trovano un Inail incapace di accorgersi del loro dolore e dello specifico di quella situazione. Servono due norme nuove che non c’entrano in questa conferenza e non hanno nessun ruolo rispetto alla mia responsabilita’ accertanda, pero’, io mi daro’ da fare e non diro’ mai che mi daro’ da fare. Non tollero piu’, pero’, condotte da incivilta’. La mia pazienza per quanto riguarda la tolleranza si e’ esaurita perche’ anche io ho vissuto dolore. Mi faro’ in quattro – ha affermato D’Alfonso – affinche’ questo processo sollecitamente arrivi alla fine, cominciando a contribuire con il mio patrimonio conoscitivo”.

Il governatore poi ha detto di non aver mai incontrato i familiari delle vittime “perche’ ho sempre avuto la misura di una comprensibile incivilta’ delle loro condotte. Siccome io conosco anche la mia reazione, che puo’ diventare incivile, ho voluto evitare l’incontro di due incivilta’. Ma a questo punto io sono pronto. Se si incontrano due dolori danno luogo ad una grande irrazionalita’ e io so che sugli spalti ci sono quelli che vogliono assistere allo spettacolo. So anche come si nutre la condotta incivile, ci sono anche articoli che spintonano. Negli anni nei quali ho provato dolore ho studiato molto e – ha proseguito – ho ritrovato i miei appunti in una bellissima giornata di seminario con Gianfranco Miglio. Miglio disse che in un ordinamento democratico la giustizia deve assomigliare ad un cocomero: nessuno deve strattonare, spintonare il cocomero. Si rovina, esce malato il cocomero. La lezione era l’asino di Buridano. Nessuno – ha sottolineato – deve pensare che spintonando si facilita la velocizzazione, noi dobbiamo concorrere con tutti gli elementi. Io voglio che i responsabili paghino, voglio che il vuoto normativo si riempia. Riconosco le ragioni del loro dolore e comprendo le incivilta’ di alcune loro condotte”. “Pare che ci sia stato un scontro fisico con il sindaco emerito di Farindola, non va bene questo. Non attribuisco la responsabilita’ a loro, come disse Pasolini dopo Valle Giulia, ma a chi ha armato le loro mani. Dopo Valle Giulia, Pasolini disse delle cose nello scontro tra architetti e poliziotti, disse che lui parteggiava per i poliziotti, per me dire questa frase e’ impegnativa, e disse anche che c’era un modo di raccontare che induceva allo scontro fisico. Io faro’ l’impossibile – ha concluso D’Alfonso – affinche’ emerga documentalmente tutta la verita’ in possesso nelle condotte della Regione”.

LA RABBIA DI FENIELLO: “COSA HAI FATTO PER SALVARE MIO FIGLIO?”

 

Ma alle sue parole fanno da contraltare quelle di Alessio Feniello, padre di Stefano, giovane vittima della valanga: “Mi deve rispondere sull’avviso di garanzia che ha ricevuto. Che cosa ha fatto il presidente D’Alfonso per salvare queste 29 persone?. La domanda che cerco di fargli da oltre un anno e’ sempre la stessa: cosa hai fatto per salvare mio figlio e altre 28 persone?””, ha detto manifestando il suo dolore davanti alla sede pescarese della Regione, dove era in corso la conferenza stamoa. “Il 18 gennaio del 2017 ti sei preoccupato di fare qualcosa con i tuoi sottoposti? , ha proseguito Feniello, “Hanno solo preso in giro chi telefonava e preso a parolacce chi chiedeva aiuto. Voglio chiedere al presidente della Regione se quel giorno a Rigopiano ci fosse stato suo figlio, cosa avrebbe fatto? Mandava un elicottero, muoveva mezzo Abruzzo, andava lui di persona a recuperare il figlio? Da campano che si e’ sposato in questa regione, mi sento meravigliato e deluso dagli abruzzesi”. “Voglio chiedere al presidente della Regione: se quel giorno a Rigopiano ci fosse stato il figlio, cosa avrebbe fatto? Mandava un elicottero, muoveva mezzo Abruzzo, andava lui di persona a recuperare il figlio?”, ha concluso Feniello.

MARE MONTI: “SEQUESTRATI DIECI ANNI DI VITA”

“Le risorse finanziarie ci sono, e sono sempre conservate, circa 30 milioni di euro attuali, la strada non c’è ancora per un problema urbanistico e di suolo, come evidenziato dall’allora corpo delle guardie forestali”. Così D’Alfonso ha commentato  l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” da parte della Corte d’Appello dell’Aquila nell’ambito del processo sulla mancata realizzazione della Statale 81 nell’area Vestina, la cosiddetta Mare-Monti, fatti risalenti a quando era presidente della Provincia di Pescara, dal 1995 al 1999.

D’Alfonso era stato prosciolto il 24 aprile del 2017 dal Tribunale collegiale di Pescara, prescrizione alla quale aveva rinunciato quattro giorni dopo, il 28 aprile 2017. Ieri l’assoluzione nel merito.

“Ieri è stata fissata l’evidenza che il castello accusatorio non doveva proprio partire”, ha detto D’Alfonso parlando di “mannaie nella storia di famiglia” e di “errore madornale far prevalere la tesi dell’accusa rispetto a quella della difesa”. “Nessuno ha diritto di sequestrare dieci anni della mia vita”, ha concluso, mettendo l’accento sulle archiviazioni in merito alle recenti inchieste sul Fondaco di Penne e su Palazzo Centi.

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