Rigopiano, depistaggio sull’inchiesta: in 7 verso il processo

Rigopiano. Chiusa l’inchiesta bis sul disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola, che conta sette indagati, ai quali la Procura di Pescara contesta i reati di depistaggio e frode processuale.

In queste ore i carabinieri forestali, diretti dal tenente colonnello Annamaria Angelozzi, stanno ultimando le notifiche degli avvisi di conclusione delle indagini.

Rischiano di finire a processo l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, i due viceprefetti distaccati Salvatore Angieri e Sergio Mazzia, i dirigenti Ida De Cesaris, Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo e Daniela Acquaviva.

L’ipotesi accusatoria, formulata dal procuratore capo Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia, è di avere occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio 2017 alla squadra Mobile di Pescara, al fine di nascondere la chiamata effettuata dal resort alle 11.38, dal cameriere Gabriele D’Angelo, poi morto nella tragedia, al Centro coordinamento soccorsi per chiedere aiuto.

Secondo l’accusa, “al fine di impedire, ostacolare o, comunque, sviare l’indagine avviata dalla Procura di Pescara per reati di disastro e omicidio plurimo colposo inerenti al crollo dell’Hotel Rigopiano”, gli indagati avrebbero omesso, in particolare nella giornata del 18 gennaio 2017, di riportare nelle relazioni di servizio redatte tra il 27 e il 31 gennaio 2017″, o comunque non avrebbero riferito alla polizia giudiziaria, “le segnalazioni di soccorso pervenute in quella giornata da persone presenti nell’Hotel Rigopiano”.

In particolare si fa riferimento alla “telefonata delle 11.38, della durata di 230 secondi, con richiesta di soccorso per l’evacuazione dell’Hotel Rigopiano”, ricevuta dalla Pontrandolfo e proveniente da Gabriele D’Angelo”. I vice prefetti Angieri e Mazzia, “nel redigere la nota in data 31 gennaio 2017, di risposta alla suddetta richiesta della Squadra mobile”, avrebbero omesso “di riferire la rilevante circostanza che era pervenuta presso la prefettura di Pescara” la chiamata di D’Angelo, “in quanto così li delegava ed istruiva il prefetto Provolo”.

Inoltre gli indagati avrebbero omesso “di esibire e consegnare la documentazione consistente in brogliacci, fogli e/o appunti su cui erano riportati gli estremi necessari per l’individuazione della suddetta richiesta di soccorso di Gabriele D’Angelo e del suo contenuto”, e procedendo “allo strappo del foglio nella parte riportante gli estremi della chiamata, modificavano artificiosamente la documentazione costituente corpo del reato”.

FALSO IDEOLOGICO PER ILDA DE CESARIS

De Cesaris, inoltre, è accusata di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, per avere “compiuto false attestazioni nelle relazioni a sua firma indirizzate al Prefetto e trasmesse alla Squadra Mobilie di Pescara” e, in particolare, nella relazione avente ad oggetto ‘Sala Operativa Provinciale di Protezione Civile: attività svolta il 18 gennaio 2017’, “attestato falsamente – si legge nell’avviso di conclusione delle indagini – che ‘la Sala Operativa Provinciale di Protezione Civile è stata attivata dalla mattina del 16 gennaio 2017’, nonché, nella medesima relazione, dopo avere fatto presente ‘che si è preso atto della e-mail pervenuta in Sala Operativa, indirizzata al Prefetto, al Presidente della Provincia, alla Polizia provinciale e al sindaco di Farindola, con la quale gli ospiti dell’Hotel Rigopiano chiedevano interventi per la pulizia della strada affinché fossero messi in grado di lasciare l’albergo’, attestato falsamente che ‘in proposito l’attivazione della Sala Operativa è stata immediata sebbene molto complessa, ma in quest’ambito si sono adoperati i responsabili della funzione 6 viabilità’, e di ricordare altresì con precisione la comunicazione dello ‘spostamento della turbina diretta verso Villa Celiera per il salvataggio di due anziani intossicati da monossido e indirizzata, poi, verso Rigopiano”.

Nella relazione avente ad oggetto “Piano Provinciale di Protezione Civile”, datata 30 gennaio 2017, infine, secondo la Procura l’indagata avrebbe “attestato falsamente che, nel corso del triennio 2012-2015 di svolgimento delle funzioni di dirigente dell’area V Protezione Civile non era vigente un Piano Provinciale di Protezione Civile né risulta dagli atti d’ufficio che sia stato adottato da quella data ad oggi”.

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