Pescara, 1 maggio: “Nell’area dell’ex filanda, un giardino che onori le lavoratrici”

“Salvare l’area della Filanda significa organizzare insieme un luogo di bellezza dove la memoria collettiva restituisce valore pubblico al lavoro operaio, sociale e di relazione anche delle donne”.

 

A parlare, il comitato pro filanda Giammaria che domani, 1 maggio, in tutte le piazze di Pescara, distribuirà dei volantini per ricordare il contributo delle operaie della Filanda.

“Vogliamo aggiungere la nostra parola a quelle di chi ringrazia e festeggia tutti i lavoratori: riteniamo che il lavoro sia la base della giusta relazione sociale, che, nella reciprocità delle mansioni svolte, assicura dignità e accoglienza a ogni cittadino e a ogni cittadina e anche alle persone che – per poco o molto – si trovano a condividere le nostre terre”.

“Da circa tre anni stiamo lottando per impedire che, sotto l’ennesima colata di cemento, venga completamente seppellita , con l’antica filanda di Pescara, un’ altra tessera della storia della nostra città e, in particolare, di quelle lavoratrici che – tra lana e seta – trasformavano in filato il vello delle pecore e l’aerea seta dei bachi. Sentiamo perciò questa festa come pienamente nostra”.

Si realizzino sull’area della ex filanda non un altro palazzo tra le migliaia di cui siamo già sommersi, ma un giardino pubblico con un Centro di Documentazione del Lavoro femminile del nostro territorio e una Casa delle Donne.

“Perché non si dimentichi la storia delle operaie della Filanda, ma neppure quella delle donne che nell’Aurum lavoravano la frutta per quel liquore che contribuì a rendere famosa la nostra città.  Perché sia descritta in immagini e narrazione l’insostituibile funzione delle donne della Marina e, neanche a dirlo, quella delle maestre e delle insegnanti, a porre le basi per l’acculturamento diffuso della nostra società; e come dimenticare la lezione operaia straordinaria delle lavoratrici della Monti e la qualità raffinata del lavoro delle ricamatrici, laiche e monacali … o quello delle sarte, ma anche delle lavoratrici del lino, del tabacco o di chi migrava stagionalmente a Latina, per “rifinire” i grappoli di uva sultanina … e ancora le mediche e le infermiere, di ieri e di oggi, che della cura sono le braccia più accoglienti”.

“E il tutto senza abbandonare il compito di casalinghe, di madri e mogli, di figlie in ascolto degli anziani e dei malati: la rete di sicurezza e sostegno dell’intera società. Altroché internet. Perciò evviva il 1 Maggio. Evviva il lavoro equo e ricordato”.

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