Da Pescara il primo anti-sponsor contro il Mondiale in Qatar

Pescara. “Sono più di 6.500 i lavoratori morti nei cantieri del Mondiale in Qatar 2022. Orgogliosamente anti-sponsor della competizione. La sicurezza nei cantieri al primo posto”.

E’ il contenuto dei manifesti shock da 6 metri per 3 apparsi oggi a Pescara, caratterizzati dal color porpora della bandiera del Qatar e dalla presenza di macchie di sangue. L’iniziativa è dell’imprenditore immobiliare e creativo Alessio Sarra che, definendosi “il primo anti-sponsor italiano dei Mondiali”, sottolinea che la Coppa del Mondo di calcio “non può macchiarsi di questi crimini e i brand, oltre che la società civile, non possono non schierarsi”.

Sarra, che ha lanciato una campagna sui social con l’hashtag #antisponsor, sceglie di schierarsi contro quello che definisce “il Mondiale più controverso della storia, con l’auspicio che anche i grandi brand italiani prendano posizione. Un mondiale – dice – fortemente contestato per le condizioni di lavoro degli operai. Non solo gli infortuni: vengono segnalati anche sfruttamento, violenze e punizioni corporali”.

L’operazione  mentre la polemica inizia a montare, fa seguito all’inchiesta giornalistica del The Guardian – secondo cui oltre 6.500 lavoratori migranti sono morti in Qatar da quando, dieci anni fa, fu ufficializzato che il Paese mediorientale avrebbe ospitato il campionato mondiale – all’iniziativa di un brand di birre scozzesi che si è proclamato anti-sponsor e alle denunce che da più parti si sono sollevate per protestare contro il Paese e la Fifa che in questo modo “calpestano i diritti umani”.

“Sto facendo la mia piccolissima parte per aumentare la consapevolezza – afferma Alessio Sarra – In Italia e in Europa gli imprenditori legati ai cantieri, contesto che conosco bene, sono giustamente vincolati a importanti linee guida che andrebbero sicuramente perfezionate, ma che al contempo sono anni luce avanti rispetto al Qatar. Non ha senso assegnare una competizione cosi importante ad un Paese non pronto sotto questo punto di vista. E’ impensabile che la Fifa non abbia sorvegliato e non si sia adoperata per rimediare. I tifosi, la società civile e i brand – conclude l’imprenditore – dovrebbero prendere posizione prima del calcio d’inizio”.

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