Falsi titoli di Stato esteri: nel mirino dei truffatori pescaresi anche lo Ior VIDEO

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Pescara. La Squadra Mobile di Pescara, diretta dalla locale Procura (titolare dell’indagine il pm Gennaro Varone) ha scoperto una organizzazione criminale internazionale con base a Pescara e denunciato sette persone per associazione per delinquere finalizzata alla perpetrazione di truffe. Nel mirino della banda, a cui capo c’era un pescarese, S.A.E., 43enne nato in Argentina e residente nel capoluogo adriatico, è finito anche Mons. Francesco Cuccarese. Coinvolto anche lo Ior vaticano.

Ci sono tutti gli ingredienti per il copione cinematografico: la maxi truffa internazionale, l’arcivescovo coinvolto, la banca del Vaticano e gli istituti svizzeri, i conti messicani, i milioni di dollari e il trader che vola da una parte all’altra del globo. Peccato che per molto versi, e protagonisti, si tratti di una riedizione.

Vittima del raggiro messo in atto dall’associazione a delinquere sgominata dalla squadra mobile di Pescara è rimasto, infatti, Monsignor Francesco Cuccarese, Arvivescovo della diocesi di Pescara-Penne fino al 2005, che già nel 2007 finì, con la fondazione benefica che presiede (Ivec), nelle maglie di una trappola finanziaria del tutto identica. Anche allora c’erano di mezzo titoli statali internazionali finti e nel mirino dei truffatori c’era lo Ior, l’Istituto Opere di religione, ovvero la banca del Vaticano. Coinvolto anche oggi come allora, non indagato al pari di Cuccarese, il suo fidato collaboratore 67enne L.C., manager della Fondazione In Veritate et Charitate: l’Ivec, appunto.

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Proprio un causale incontro tra un poliziotto e quest’ultimo in uno studio notarile ha portato il reparto diretto da Piefrancesco Muriana a ricondurre quella che sembrava la pista di un caso di ricettazione internazionale alla truffa che si stava consumando in realtà. Il meccanismo ideato dai sette indagati, studiato nei minimi termini della più alta tecnica finanziaria, si basava sui cosiddetti programmi ad alto rendimento: investimenti che permettono a chi può investire cifre milionarie di ottenere entro breve altissime rendite bancarie. Fondamentale la figura del trader, intermediario professionista al quale l’investitore si affida, cedendo in favore di istituti di credito dei depositi come garanzia della transazione: chiave della truffa vuole che tali soldi finiscano nelle tasche del trader. Figura, in questo caso, rivestita dal pescarese di origini argentine S.A.E, 43enne con base nel capoluogo adriatico, ritenuto il capo di una banda formata da una commercialista barese 60enne, C.M., e da una rete di complici formata da 4 messicani e un venezuelano. “Un vero genio della finanza”, lo ha definito oggi a conclusione delle indagini Muriana, “e non poca difficoltà abbiamo avuto ad intercettare i dialoghi con i complici, poiché utilizzavano termini strettamente affini all’alta finanza”. Uomo capace di girare il mondo per concludere i loschi affari, fermato un’ultima volta ad agosto scorso con in tasta un biglietto aereo per Tokio; ma l’astuzia più fine del gruppo criminale lo aveva portato a racimolare titoli di Stato provenienti da Russia, Messico, Cina e Argentina, tutti veri ma ormai fuori corso, quindi dal mero valore numismatico. Falsi, invece, i documenti attestanti i timbri del ministero delle finanze messicano che certificavano il valore dei titoli per un ammontare complessivo di 900 milioni di dollari americani. Con queste armi avevano intenzione di aprire contatti e conti direttamente con le banche-paradiso della Svizzera e con acquirenti Panamensi operanti in Messico.

DALLE EREDITA’ DEI NONNI ALLA DONAZIONE AL VESCOVO

Come riferito da Muriana in conferenza stampa, è stato un ispettore della sezione anticrimine a sorprendere per pura casualità, a novembre 2011, L.C. nella sala d’aspetto di un noto studio notarile pescarese, con un copioso faldone nella valigetta. Quelli i mesi in cui il manager della Ivec, insieme all’alto prelato, erano peraltro implicati in un processo sull’urbanistica, finito per entrambi in prescrizione. Il poliziotto, dal notaio per questioni personali, ha poi riferito ai superiori dell’incontro e dell’imbarazzata reazione di L.C., producendo la richiesta al pm Gennaro Varone, titolare dell’inchiesta, l’acquisizione degli atti. In realtà nello studio notarile L.C. era andato a registrare la donazione che Cuccarese, in qualità di presidente della fondazione benefica, aveva ricevuto il 1 aprile 2010 dal fantasmagorico benefattore S.A.E.. In quel faldone c’era la procura che monsignore conferiva a un napoletano (non indagato ma con diversi precedenti di polizia) affinché potesse negoziare e condurre trattative per conto della Ivec per incassare venti titoli messicani da 45 milioni di dollari ciascuno. Della stessa cifra parla Cuccarese in una lettera inviata il 23 mazo 2010 al presidente e al direttore dello Ior per riferire, “raggirato e – ha specificato il capo della Mobile – in totale buona fede”, di aver ricevuto una cospicua donazione, chiedendo di usare i titoli come garanzia per un finanziamento indispensabile alla Ivec per costruire un ospedale pediatrico in Palestina (SCARICA E LEGGI LA LETTERA ALLO IOR). Era a questo che la banda di truffatori mirava coinvolgendo l’ex vescovo: la produzione di documenti validi a certificare i titoli fasulli datati 1930; peccato che la polizia ha scovato l’atto di un notaio di Città del Messico che certificava la donazione del munifico 53enne messicano V.G.F. in favore di S.A.E. degli stessi titoli risalenti alla Seconda Guerra Mondiale ma come pura merce da collezione dal valore massimo di 20mila euro. Per quanto sapeva Cuccarese (lo si apprende leggendo la missiva allo Ior), il Governo messicano aveva “emanato un decreto stabilendo che detti titoli possono usati come collaterali per opere umanitarie o fondazioni caritatevoli” come la sua; in realtà la banda latino-pescarese li stava già usando per penetrare nelle banche elvetiche. Ad ingannare Cuccarese e socio anche una finta lettera, scovata dall’Interpol, redatta ad arte dalla Secretarìa de Hacienda y Credito Publico (il ministero delle finanze messicano) che attestava la rendita milionaria dei documenti finanziari. La vera Shcp, invece, ha rivelato che i vecchi titoli statali, emessi tra il 1850 e il 1951, sono solo carta da bacheca. È servito, inoltre, un esperto scripofilo per capire che si trattava di titoli fuori corso.

Carta d’epoca come quella riportante i logo dei Tesori sovietici, cinesi, statunitensi e di mezzo Sudamerica. Con alcuni di questi la gang era riuscita anche a truffare un uomo della provincia di Pescara e della provincia di Chieti, spillando loro rispettivamente 5mila e 2600 euro, abbindolati dalla convinzione di partecipare a un redditizio investimento, per poi vedere invece i trader sparire nel nulla col bottino.

IL BLITZ NELL’ALBERGO

A più riprese la polizia pescarese ha effettuato sequestri di titoli e documenti ai danni dell’associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al falso, quattro in tutto. Scoperte le carte passate per mano del notaio pescarese (non indagati), il 14 gennaio 2012 i primi 20 buoni della Deuda Bancaria Publica de la Tesoreria de la Federacion Mexicana sono stati sequestrati nell’abitazione romana di L.C. . Da questi approfondimenti, che hanno sventato vari tentativi ai danni di banche svizzere e soggetti panamensi, il successivo sequestro del 22 gennaio 2012: altri 5 titoli della Deuda sono stati sequestrati a Pescara in mano ad un componente della banda. Il 14 febbraio, poi, un blitz in un hotel pescarese dove il capo italo-argentino, i 4 messicani e il venezuelano si erano riuniti per preparare il prossimo colpo: con loro avevano un titolo Pink Lady del 1889 e un Napoleon del 1913. L’ultimo sequestro ad agosto 2013: 21 titoli americani, russi e argentini trovati in possesso di S.A.E.: nonostante le precedenti operazioni, era ancora in attività e continuava a riuscire a procurarsi i documenti d’epoca per rendere più veritieri i raggiri.

MURIANA: NESSUN INDAGATO NELLA CURIA

“Bloccati gli strumenti e gli uomini che progettavano le truffe, peraltro sventandone diverse, non è stato ritenuto indispensabile procedere a misure cautelari”: ha spiegato Pierfrancesco Muriana, che sempre per “mancata necessità ai fini delle indagini”, non ha interrogato Monsignor Francesco Cuccarese. “Una vittima anche lui”, ha specificato il numero uno della squadra mobile.

 

 

Daniele Galli


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