Montesilvano, processo Ciclone. Il Pm: ‘imputati agirono per ingordigia’

varonePescara. L’ingordigia: questa, secondo il magistrato Varone, avrebbe fatto muovere gli imputati nel processo Ciclone. In aula oggi, a testimoniare sulle presunte tangenti al comune di Montesilvano, Antonella Marsiglia, moglie dell’ex capo della Mobile pescarese. I dubbi dell’accusa su un orologio: “Non era una mazzetta, solo un regalo a mio marito”.

“Hanno agito per ingordigia”. E’ uno dei passaggi salienti della lunga requisitoria che questa mattina ha tenuto in aula il pm Gennaro Varone, pubblica accusa nel ‘Ciclone’, processo sulle presunte tangenti negli appalti pubblici al comune di Montesilvano. Ben 39 gli imputati totali, 32 persone e sette società. E davanti al collegio del tribunale di Pescara, presieduto dal giudice Carmelo De Sanctis, il magistrato ha ripercorso punto per punto la vicenda, presentando una memoria, citando le intercettazioni telefoniche e, nel caso dell’ex sindaco Enzo Cantagallo, anche gli accertamenti patrimoniali. Varone non ha usato mezzi termini e ha parlato di “completa destrutturazione del procedimento amministrativo per arricchimenti personali.

In aula a testimoniare, stamani, anche il comandante della polizia municipale di Montesilvano Antonella Marsiglia, moglie dell’ex dirigente della squadra mobile di Pescara Nicola Zupo. La testimone è stata chiamata a riferire sulla vicenda legata a un orologio di marca Philipe Patek, che per l’accusa sarebbe frutto di una tangente mentre per la difesa sarebbe un regalo della Marsiglia all’ex sindaco primo cittadino. La teste ha riferito al tribunale collegiale che in quel periodo aveva ricevuto un’eredità cospicua e una buona notizia di carattere personale che l’avrebbe spinta a regalare un orologio al marito. La donna ha sostenuto di aver chiesto consiglio a Cantagallo sulla marca in quanto l’ex sindaco era esperto in materia. Cantagallo l ‘avrebbe indirizzata a Lamberto Di Pentima, suo ex capo di gabinetto anch’esso imputato, che dopo aver ricevuto i soldi prelevati dalla donna da un conto corrente di una banca che ha sede a Cerlusco sul Naviglio ( Milano), l’ha acquistato tramite un commerciante di orologi di Pescara. La Marsiglia poi ha detto che quando ha visto l’orologio, pagato 11 mila euro, ha pensato che fosse “una patacca” perchè privo sia di certificato che di fattura a suo nome e che quindi l’ha lasciato senza chiedere i soldi indietro a Di Pentima in quanto non voleva responsabilizzarlo di un suo acquisto.

In aula, però, al comandante della Municipale è stato mostrato un certificato di garanzia, che lei,però, ha detto di non riconoscere: sul documento, poi, la data riportata è dell’11 marzo 2005, mentre il prelievo. Al banco dei testimoni anche Antonio Angelucci, il commerciante che ha venduto l’orologio a Di Pentima: l’orologiaio, contrariamente a quanto dichiarato alla polizia nel 2007 ha detto di aver venduto il Patek a Di Pentima e di esserselo ricordato solo oggi alla vista in aula dell’orologio e del certificato di garanzia.

Nel corso della prossima udienza sono previste le conclusioni e le richieste dell’accusa.

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