Pescara, storie di giornalisti alla prima giornata del Premio Borsellino

Finchè la libertà di informazione sarà in pericolo, finchè ci saranno giornalisti costretti a vivere sotto scorta semplicemente per aver raccontato ciò che hanno visto con i propri occhi e aver informato correttamente i cittadini, l’Italia sarà un paese meno libero. Pensare che oggi la mafia non uccida più è sbagliato, la mafia uccide quando ne ha bisogno com’è accaduto a Malta per la giornalista Daphne Galizia, e quando non uccide più vuol dire che ha raggiunto l’accordo”.

Queste sono le parole del giornalista Sandro Ruotolo, protagonista, stamattina, con il collega dell’agenzia Agi, Paolo Borrometi; della prima giornata del Premio ‘Borsellino’, svoltasi nella Sala Tinozzi della Provincia di Pescara, e coordinata dalla dirigente dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ di Pescara Alessandra Di Pietro.

Parlare di legalità nelle scuole è fondamentale perché significa educare al rispetto delle regole, di se stessi, al merito, alla giustizia, all’integrità, al rispetto dell’altro, valori che sono essenziali nel processo formativo – ha detto la dirigente Di Pietro -. Occorre far capire ai ragazzi il senso di queste parole che devono diventare sostanza, e quindi è necessario che ne comprendano in modo profondo il significato”.

Quindi la parola a Paolo Borrometi costretto ad abbandonare la Sicilia per trasferirsi a Roma, dove vive sotto scorta in seguito alle aggressioni e alle minacce subite dopo aver raccontato con le sue inchieste le infiltrazioni di mafia nel ragusano. “Sono solo un giornalista di strada – ha subito esordito Borrometi – che ha cercato di consumare le suole delle scarpe facendo il mio lavoro. Un cittadino che non denuncia è un suddito, un giornalista che non racconta ciò che vede con i propri occhi ha responsabilità maggiori perché non informa la collettività”.

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