Pescara, i Ciarelli riconosciuti sulla scena dell’omicidio Rigante. Allarme bomba per l’incidente probatorio

ciarelli_compliciPescara. E’ il giorno del confronto all’americana per Massimo e gli altri Ciarelli, il cosiddetto squadrone rom accusato di aver assediato l’ultras Domenico Rigante, rimasto ucciso da un colpo di pistola la sera del primo maggio. Nell’incidente probatorio, otto i testimoni che hanno già collocato Massimo e Antonio sulla scena del delitto, ma la difesa parla di influenza dei media. Attimi di paura per una borsa sospetta ritrovata davanti alla questura: un allarme bomba rientrato in poco tempo.

C’è ancora tanta tensione attorno all’omicidio Rigante, specialmente in merito ai tentativi di vendetta nei confronti della famiglia Ciarelli e della comunità rom. Lo dimostra il panico scatenato dalla presenza di una borsa davanti alla questura, dove da questa mattina si sta tenendo l’incidente probatorio per Massimo Ciarelli, accusato di aver sparato al giovane Rigante, e ai quattro presunti complici, tutti parenti. La sola presenza del borsone alla base del gabbiotto che sorveglia l’ingresso della questura ha innescato l’immediato allarme bomba, non potendo escludere che la presenza congiunta sul posto dei presunti assassini sia una ghiotta occasione per chi nutre sentimenti di rivalsa. Area sgomberata, via Caduta del Forte interdetta al traffico e l’arrivo di un esperto artificiere, per verificare che all’interno della borsa c’erano solo degli indumenti. Una semplice casualità.

È potuto così iniziare tranquillamente l’incidente probatorio per i cinque rom, scortati in questura da due cellulari della polizia penitenziaria provenienti dai carceri di San Donato e Lanciano. Il cosiddetto confronto all’americana con l’uso del doppio vetro: davanti lo specchio che nasconde l’anonimato di otto testimoni, dietro una visuale perfetta sugli accusati. A chiederlo è stato il pm Salvatore Campochiaro per cristallizzare le testimonianze e farle entrare direttamente nel processo. Il primo a sfilare è stato il principale incriminato, Massimo Ciarelli, 29 anni, accusato da quasi tutti i testi di essere stato presente nell’appartamento di via Polacchi e di aver impugnato l’arma contro Rigante, seppur quella calibro 38 special non sia ancora stata ritrovata. Collocato sulla scena del crimine anche Antonio Ciarelli, il secondo ad essere sottoposto al confronto, cugino 23enne di Massimo. Ma in questo caso, l’avvocato De Marco, difensore del nomade, ha invocato l’influenza dei media. Se per tutti i presunti componenti dello ‘squadrone’ sono state diffuse le fotografie all’indomani dell’arresto, nel caso di Antonio l’esposizione mediatica è stata amplificata anche in questi ultimi giorni, a causa di un ulteriore provvedimento cautelare inoltrato al 23enne per spaccio: “Questo non esclude che lui si trovasse sul posto”, spiega l’avvocato, “ma evidentemente le foto sui giornali hanno potuto influenzare i testimoni”. Parrebbe anche che uno dei testimoni abbia ricollegato il viso dell’indagato proprio alle immagini viste sui quotidiani locali: “Non credo molto a questa ricognizione proprio perché è stata preceduta da troppe foto sui giornali”, ha aggiunto il legale.

Restano, ora, da eseguire i confronti di Luigi e Angelo, fratelli di Antonio, e Domenico Ciarelli, nipote di Massimo, tutti al di sotto dei 24 anni.

Il padre dell’ultras faccia a faccia con i Ciarelli. “Non possono negare che quel giorno erano tutti lì e come si sono comportati dentro quella casa: se qualcuno aveva dei dubbi, oggi se li è tolti”. Così Pasquale Rigante, il padre del 24enne ucciso, ha commentato l’esito dell’incidente probatorio. Anche il padre della vittima ha assistito al confronto all’americana, che ha prodotto il riconoscimento da parte dei testimoni anche degli altri appartenenti alla famiglia Ciarelli ritenuti complici di Massimo. Conclusione confermata anche dall’avvocato difensore Ruggero Romanazzi, che replica la polemica del collega De Marco: “I miei assistiti sono stati grosso modo tutti riconosciuti dai testimoni, anche se c’e’ stata qualche contraddizione e tutti hanno detto di aver visto gli indagati sui giornali e in televisione, quindi, il riconoscimento lascia il tempo che trova”.  Da parte sua il legale della famiglia della vittima, l’avvocato Ranieri Fiastra, non solo ha detto che gli indagati sono stati tutti riconosciuti e che i testimoni non hanno avuto alcun dubbio, ma anche che i Ciarelli “sono stati riconosciuti prima che venissero arrestati e che le foto fossero pubblicate sui giornali. Queste pubblicazioni non hanno quindi inquinato i riconoscimenti, anche perché sono stati precisati dei particolari che sgombrano il campo da qualsiasi dubbio”. “Hanno riconosciuto anche due dei fratelli Ciarelli, che sono gemelli, non era facile”, ribadisce Pasquale Rigante, che per la prima volta si è trovato di fronte alle persone accusate dell’omicidio del figlio: “Li ho sentiti parlare mentre stavano nella camera di sicurezza”, ha raccontato, “poi li ho visti, mi sono passati vicino e i nostri sguardi si sono incrociati. Per un padre non è facile, non è una cosa bella”. “Quella di oggi è una prova in più nei loro confronti: se la giustizia farà il suo corso pagheranno per quello che hanno fatto, ma devono pagare nel vero senso della parola”, ha poi detto il signor Rigante prima di lasciare la questura.

 

Daniele Galli


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