Hotel Rigopiano, lo sfogo di papà Feniello: “Li hanno uccisi le autorità”

Pescara. “Quelli che sono morti sono stati uccisi e quelli che ancora non trovano stono stati sequestrati contro la propria volontà, perché volevano ripartire e avevano già fatto le valigie”.

E’ il duro sfogo, un altro dopo quello avuto sabato all’esterno del pronto soccorso di Pescara, di Alessio Feniello, il padre di Stefano, uno dei giovano tuttora disperso sotto le macerie dell’hotel Rigopiano.

Duramente segnati dall’ansia e dall’angoscia tutti i familiari e gli amici del giovane, di origini salernitane ma da tempo residente a Silvi, venerdì sera avevano gioito perché Stefano era stato inserito nel gruppo dei sopravvissuti, ma all’ospedale di Pescara non è mai arrivato, al contrario della sua fidanzata, Francesca Bronzi, sana e salva e in via di dimissione.

I Feniello hanno atteso per ore l’arrivo di ogni ambulanza, sperando che ci fosse il ragazzo, rimanendo puntualmente delusi. Da qui l’esasperazione del padre: “Li hanno messi tutti nella sala del caminetto come carne da macello”, è tornato a dire stamattina ai giornalisti, aggiungendo che secondo lui “la responsabilità è delle autorià, solo delle autorità”

 

“Ci sentiamo dopo che andiamo alla spa. E’ pieno di neve. Nevica, però questa Panda è uno spettacolo. Siamo saliti senza catene”.

È il contenuto di una nota audio inviata su Whatsapp da Stefano Feniello, 28enne disperso nell’hotel Rigopiano, al papà Alessio, il giorno precedente alla tragedia. Il giovane era appena arrivato nell’albergo insieme alla fidanza Francesca Bronzi che gli aveva regalato il soggiorno per il suo compleanno. Al messaggio il padre risponde “ok, ci sentiamo dopo. State attenti, buon divertimento”. È stato lo stesso Alessio a far ascoltare i messaggi ai cronisti all’esterno dell’ospedale di Pescara.

“La mattina dopo (mercoledì, giorno della tragedia, ndr) mi ha chiamato verso le 13 – ha proseguito il padre – per dirmi ‘papà, abbiamo liberato le macchine e abbiamo montato le catene. Siamo in attesa dello spazzaneve’. Poi verso le 15 ha chiamato anche mia moglie e ha detto ‘mamma forse non possiamo rientrare perché quelli che dovevano pulire la strada non si sono degnati di venire’ “.

 

Con la luce del telefonino, finché la materia ha retto, ho illuminato il braccio di Stefano. Vedevo solo il sul braccio. Si lamentava, lo chiamavo ma non rispondeva. Poi non l’ho sentito più neanche lamentarsi”.

Lo avrebbe raccontato Francesca Bronzi, superstite della tragedia di Rigopiano, a proposito del fidanzato Stefano Feniello, ancora disperso, secondo quanto riferito dal padre del ragazzo, che aggiunge: “Francesca dice che era lui perché ha riconosciuto l’orologio che gli aveva regalato”.

“L’altra sera hanno dato cinque nomi, tra cui mio figlio – ha aggiunto Alessio – C’erano il Prefetto, il presidente della Regione Abruzzo e il questore se non erro. Sono venuti in aula magna dicendo con arroganza che le notizie le danno solo loro quello che dicono gli altri sono cavolate. A sentire il nome di mio figlio sono caduto faccia a terra”.
“La mattina seguente siamo arrivati in Pronto soccorso – ha proseguito – sono arrivate le ambulanze, tra cui quella con la ragazza di mio figlio. Si aspettava la quinta ambulanza. Ho penato fino al pomeriggio e ho atteso che qualcuno mi venisse a dire ‘guardate abbiamo sbagliato, abbiamo dato un nome errato, quella persona non si trova’”. Il padre di Stefano, parlando dell’atteggiamento del Prefetto e delle autorità, ha detto di aver notato “arroganza senza umanità verso un padre che ha il figlio sotto le macerie”.

“Una cosa è sicura: le istituzioni fanno pena. Nel 2017 non si possono permettere queste cose. Io vado tutti gli anni in Trentino e sono libero di salire e scendere quando voglio, perché danno il servizio. Se in Abruzzo non sono in grado di dare questo servizio, per me queste strutture vanno chiuse. E’ inutile che si fa un hotel lussuoso e poi non c’è un mezzo per pulire la strada. Ci poteva capitare chiunque”.

Alessio Feniello, che ha subito provato a raggiungere Rigopiano, polemizza anche su alcuni aspetti della macchina dei soccorsi, relativi alla colonna mobile in marcia: “E’ finito due volte il gasolio alla turbina – ha detto – E’ grave. Siamo stati fermi due volte, una volta un’ora e una volta tre quarti d’ora”.

 

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