Approvate le demolizioni in via Ravenna. A Pescara si continua a cancellare il passato

 

ViaRavenna_01Pescara. “Vergogna palazzinari. Demolite il passato per costruire il nulla. Pescara non vi perdonerà” recita minacciosa una scritta che nella notte qualcuno ha lasciato sui pannelli di legno, così alti da impedire la visuale. Una frase che testimonia un sentimento diffuso tra la popolazione. Quasi subito coperta dalla vernice bianca.

Transenne, muretti di cemento, cartelli di divieto di sosta. Il cantiere in via Ravenna è pronto. “Stiamo solo dando una pulita, per il momento” dice un operaio. Lasciando però intendere che non manca molto.

Questa volta tocca a due palazzine di inizio ‘900 in via Ravenna. Una molto ben ristrutturata pochi anni fa. In fondo al cortile tra i due edifici negli anni ’80 si ascoltava musica jazz nei locali dello storico club Kabala. “Ancora prima” spiega Andrea Iezzi presidente del Comitato abruzzese del paesaggio “i fabbricati furono l’uno sede del Partito nazionale fascista, l’altro del sindacato Cisal e poi del Partito liberale italiano”.

“Il quartiere intorno a via Firenze è caratterizzato da un tessuto edilizio di fine ‘800 fatto di edifici bassi a due, tre piani e dalla presenza di piccoli spazi verdi e cortili” affermano le associazioni che si sono mobilitate per condannare “l’ennesimo intervento edilizio con demolizioni e ricostruzioni ai danni dell’edificato storico della ‘Città Dannunziana’” – Italia nostra sezione di Pescara, WWF Abruzzo, Ville e palazzi dannunziani, Mila donnambiente, Ecoistituto Abruzzo, Marevivo Abruzzo e Comitato abruzzese del paesaggio.

Per l’assessore allo sviluppo del territorio del comune di Pescara, Marcello Antonelli, invece è stato sufficiente che il tabernacolo votivo presente su una delle due palazzine fosse dichiarato privo di interesse storico-artistico dalla Sovrintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per l’Abruzzo per avallare la demolizione delle strutture, definite ‘vecchie’ – e quindi da non confondere con ‘storiche’.

‘Benevola negligenza’ la definisce il consigliere regionale di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo. “Il comune confonde i vincoli artistici – di competenza della Sovrintendenza in base al codice Urbani (il codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004) – con quelli urbanistici, che spettano invece allo stesso comune”.

Anche edifici di non particolare rilevo artistico o autoriale possono quindi essere salvaguardati se costituiscono elementi si interesse storico o identitario. Specialmente se inseriti nel contesto della maglia urbanistica di un centro storico.

“Questo deve avvenire con la pianificazione da parte del comune attraverso il piano regolatore” prosegue Acerbo. “Non si può delegare tutto alla Sovrintendenza. Il comune si distingue per la sua inerzia. Con questi ritmi, con questa ‘benevola negligenza’ – appunto – si dà il tempo ai costruttori di abbattere tutto il possibile”. Concorde il parere di Iezzi. “Non esistono solo i vincoli ministeriali. Basterebbe una buona programmazione comunale, che riconoscesse il valore identitario di un edificato storico”.

ViaRavenna_02Quella delle palazzine di via Ravenna sarà solo l’ultima di una impressionante serie di demolizioni di edifici storici che a Pescara hanno lasciato spazio a palazzi ben più alti, costruiti quasi a filo di marciapiede.

Con un intervento tardivo, ma forse risolutivo, si riuscirà probabilmente a salvare la facciata della ex centrale del latte di via del Circuito. Edificio costruito nel 1932 su progetto dell’architetto Florestano Di Fausto, importante esponente dell’architettura fascista.

In precedenza è toccato a un edificio anni ’30 dell’architetto Attilio Di Giammaria fare largo al palazzo Grecale. E alla vecchia stazione ferroviaria di Porta Nuova subire un discusso restauro. Demoliti anche palazzetto Olivieri in via Tasso e villino Vassetti in via Trento. Una sorte simile riguarderà con tutta probabilità anche villa Clemente, sul lungomare nord, che potrà essere conservata solo in parte.  

A forte rischio di demolizione, per far posto a un parcheggio, è poi l’ex Fea – il vecchio deposito ferroviario – anch’esso sul lungomare Matteotti. Mentre si fa minacciosa la possibilità di sventrare Borgomarino nord, il vecchio quartiere della marineria di Pescara dei ‘suvravendane’. Di quelli che stanno sopravento.

Le associazioni si dicono preoccupate anche per “le sorti ‘troppo aleatorie’ del quartiere Pineta, dove, villino dopo villino, si procede verso la devastazione dell’architettura di pregio e la banalizzazione dell’ultimo quartiere pescarese di forte qualità urbana” e per “l’incomprensibile ‘leggerezza’ con cui le Amministrazioni non rispettano vincoli stringenti di Prg, di Piano paesistico, Piano dei vincoli ministeriali, che pur esistono sulle ‘carte’ ufficiali”.

Un quadro a dir poco allarmante che non può non suscitare l’interrogativo su quali siano il progetto e le ragioni alla base dell’attività dell’amministrazione.

La mancanza di uno studio aggiornato sul patrimonio storico-architettonico è ciò che per l’assessore Antonelli ostacola la tutela del patrimonio storico pescarese da parte del comune. “Ora paghiamo le conseguenze di tale carenza perché quello studio” si legge in un comunicato del 24 gennaio “è l’unico strumento che il Comune ha realmente e concretamente per apporre vincoli su quegli edifici che hanno effettivamente un valore storico-architettonico, obiettivo a cui la nostra amministrazione comunale sta puntando”.

“L’assessorato allo Sviluppo del Territorio” si legge ancora “ha già predisposto una delibera di indirizzo per redigere la variante normativa al Piano Regolatore generale, variante che includerà anche la rivisitazione, il rifacimento dello studio sul patrimonio storico-architettonico della città, uno studio che, nonostante l’approvazione di tre diversi strumenti urbanistici tra Piani regolatori e varianti, nessuno ha mai rielaborato dal 1993 a oggi”. Sempre con la precisazione: “escludendo però la salvaguardia del ‘vecchio’, perché è evidente che spesso si rischia di scambiare il ‘vecchio’ con lo ‘storico’”.

Ma questo per Acerbo non è sufficiente. “Lo scorso luglio è stato approvato un mio ordine del giorno su un censimento che avrebbe dato luogo a una variante ad hoc al piano regolatore. Per tutelare gli edifici storici, per salvaguardare l’identità di certe aree. Ma non ha avuto seguito”.

In un recente incontro delle associazioni con l’assessore si è cercato di stabilire modalità di intervento comuni, ma questa – così come la revisione delle schede patrimonio – è una “misura flebile e tardiva” per Iezzi. Che sulla possibilità di effettuare un censimento degli edifici da tutelare aggiunge: “se ci coinvolgeranno, come associazioni, daremo il nostro contributo. Tra l’altro una mappatura parziale eseguita da studenti della facoltà di architettura è già pronta e potrebbe essere utilizzata”.

Pierluigi Farnese

 

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