Fase due, apertura delle frontiere: nel Fucino attesi 3500 lavoratori stranieri

“Si intravede un orizzonte più chiaro anche per il Fucino: l’apertura delle frontiere italiane ai cittadini europei non solo favorirà il turismo ma salverà anche i raccolti delle campagne abruzzesi con il ritorno di migliaia di lavoratori stagionali comunitari provenienti da Romania, Polonia e Bulgaria e altri Paesi europei rimasti bloccati dalla chiusura dei confini per l’emergenza Coronavirus”.

 

Lo dice Angelo Giommo, presidente di Coldiretti L’Aquila, commentando positivamente la possibilità di riapertura delle frontiere dal 3 giugno senza obbligo di quarantena ai cittadini europei, con l’avvio già da lunedì di un coordinamento a livello europeo. Una soluzione che avrà risvolti positivi anche per l’Abruzzo, ed in particolare nel Fucino, dove l’esigenza di manodopera è sempre più stringente alla vigilia delle nuove semine e dei raccolti estivi.

 

“L’apertura ai cittadini europei consente di garantire professionalità ed esperienza alle imprese agricole italiane grazie al coinvolgimento temporaneo delle medesime persone che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese – dice Giommo – per quanto riguarda il paventato ingresso di extracomunitari provenienti dal Marocco, da contatti informali avuti con l’ambasciata marocchina in Italia, sappiamo “che fino al 20 maggio non dovrebbe poter partire alcun cittadino marocchino. Ricordo inoltre tutti coloro che godono della doppia cittadinanza possono rientrare in Italia rispettando i periodi di quarantena prevista. Io stesso – aggiunge – mi sono interfacciato con l’ambasciata italiana in Macedonia per far rientrare alcuni operai che godono della cittadinanza macedone e italiana”.

 

Per garantire la sicurezza – precisa la Coldiretti – si attende ora che venga siglato il protocollo anti-contagio per il settore agricolo con i Ministri competenti e l’assistenza dell’INAIL. L’apertura di corridoi verdi per la libera circolazione degli stagionali agricoli all’interno dell’Unione Europea, che è stata sollecitata dalla stessa Commissione, ha già permesso a decine di migliaia di lavoratori comunitari di tornare a lavorare nelle campagne della Germania e della Gran Bretagna grazie a accordi tra i diversi Paesi e la stessa Francia ha da poco annunciato l’apertura delle proprie frontiere ai lavoratori dell’area Schengen. E in Italia, sono già tante le imprese agricole che si stanno già impegnando per organizzare il trasferimento dei lavoratori europei dai Paesi di origine.

 

Secondo le stime della Coldiretti c’è più di ¼ del Made in Italy a tavola che viene raccolto nelle campagne da mani straniere con 370mila lavoratori regolari che arrivano ogni anno dall’estero, fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. Di questi, almeno 3500 sono impiegati annualmente nel Fucino dove esistono comunità di rumeni, albanesi e di marocchini, per citare un Paese al di fuori dell’Ue. “Numeri – sottolinea Giommo – che consentirebbero di colmare il gap attuale dopo che su sollecitazione della Coldiretti sono stati prorogati fino al 31/12 i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza ed è stato ottenuto nel decreto Cura Italia che le attività prestate dai parenti e affini fino al sesto grado non costituiscono rapporto di lavoro nè subordinato nè autonomo, a condizione che la prestazione sia resa a titolo gratuito. Siamo all’inizio del periodo più importante per il lavoro nelle campagne del Fucino, si apre uno spiraglio ma non bisogna abbassare la guardia. Una emergenza così difficile non si era mai verificata”.

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