Acqua Santa Croce: chiesto alla Regione un risacimento di 3,5 milioni

Rischia di costare molto caro ai contribuenti abruzzesi il tentativo della Regione Abruzzo, finito con un buco nell’acqua, di revocare ad agosto 2017 alla società Santa Croce, la concessione della sorgente Fiuggino di Canistro.

 

Il sodalizio del patron Camillo Colella ha presentato una richiesta di risarcimento danni di oltre 3 milioni e mezzo di euro che potrebbe essere imposto da un commissario ad acta, visto che la Regione è inadempiente.

L’ennesimo capitolo della guerra abruzzese dell’acqua minerale, trae origine dalla sentenza del Tribunale amministrativo regionale del 31 dicembre 2018, che ha annullato la forse poco meditata revoca della concessione: ora la Santa Croce chiede ai giudici amministravi l’immediata nomina di un commissario ad acta per costringere la Regione a risarcirla dei danni subiti.

L’ammontare è stato quantificato, in una perizia di circa 30 pagine, in oltre 3,5 milioni di euro, a causa dell’interruzione dell’attività per 91 giorni, dal 25 agosto all’11 novembre 2017, dello sfruttamento della Fiuggino. In questa sorgente, la società ha cominciato ad imbottigliare dopo la revoca, sempre da parte della Regione, della più grande sorgente Sant’Antonio Sponga, decisione impugnata ed inserita in un serrato contenzioso.

L’istanza risarcitoria è stata inoltrata il 3 maggio dagli avvocati Claudio Di Tonno del foro di Pescara, e Matteo Di Tonno del foro di Bologna.

Come scritto a chiare lettere dal Tar, la Regione è stata condannata a procedere a fare una proposta di risarcimento alla Santa Croce, entro 60 giorni, a partire dalla notifica della sentenza avvenuta, il 4 gennaio scorso, ovvero entro il 5 marzo scorso. Ma non lo ha fatto.

Da qui la possibilità di nomina un commissario ad acta da parte del Tar, secondo una nuova norma, attuata tra le prime volte in Italia, richiesta dai legali della società di imbottigliamento.

Il Tar comunque, prima della sentenza, aveva già concesso la sospensiva, e sospeso l’effetto del provvedimento regionale, in seguito alla quale la società era tornata ad imbottigliare, assumendo personale, nel suo stabilimento di Canistro.

Una decisione che ha fatto seguito alla revoca della concessione per la sorgente principale, la Sant’Antonio Sponga, che ha portato al licenziamento di 75 addetti. E all’inutilizzo dell’acqua che da tre anni va a finire nel fiume Liri. La sorgente è stata poi aggiudicata provvisoriamente nel marzo 2017 ad Acque minerali per l’Italia, ex Norda, che però ha deciso di andarsene, minacciando anche richieste milionarie di risarcimento, visto che sostiene di non essere stata messa nelle condizioni di realizzare il nuovo stabilimento e avviare il piano industriale. La Regione ha indetto un nuovo bando che è scaduto lo scorso 13 giugno: concorreranno la Santa Croce e il Gruppo San Benedetto.

Anche intorno alla concessione della sorgente Fiuggino è però esploso un durissimo contenzioso tra Santa Croce da una parte e Regione e Comune dall’altra. Il dirigente del Servizio Risorse del Territorio e attività estrattive Iris Flacco, ha disposto infatti il 21 agosto 2017 la decadenza della concessione sostenendo che la Santa Croce non ha ottemperato a quanto previsto dal decreto di rinnovo. Sostenendo che la risorsa idrica sarebbe “troppo esigua, tanto da impedirne lo sfruttamento”, e che la Santa Croce avrebbe “realizzato una conduttura occulta che collega la conduttura idrica proveniente dalla sorgente Sant’Antonio alla Fiuggino”.

La Santa Croce è stata così costretta a chiudere i rubinetti, ma ha fatto subito ricorso al Tar, e i giudici amministrativi hanno dato piena ragione, con la sentenza del 31 dicembre scorso, asserendo che nel provvedimento di annullamento “in concreto, non si contesta alcuna specifica mancanza”. E comunque “si sarebbe limitata a rilevare inadempienze attinenti a mere operazioni burocratiche, senza valutarne la gravità ai fini della proporzionalità della misura da adottare”.

La conseguenza più grave, per la società, è stata appunto l’interruzione dell’imbottigliamento dal 25 agosto 2018 al 23 novembre 2017.

Ed è per questa ragione che i giudici amministrativi scrivono che la Regione “deve offrire alla ricorrente un adeguato ristoro dei danni subiti, in applicazione dell’articolo 34 del Codice di processo amministrativo, comma 4, nel termine di 60 giorno dalla comunicazione della sentenza, decorsi i quali il collegio nominerà su istanza di parte, un Commissario ad acta perché provveda in via sostitutiva”.

Ebbene, i legali della Santa Croce nell’istanza ricordano che la sentenza del 31 dicembre è stata notificata alla Regione il 4 gennaio scorso, e il termine di sessanta giorni è pertanto decorso il 5 marzo. La Regione però non ha provveduto ad onorare il risarcimento.

Da qui la richiesta al Tar di “nominare un commissario ad acta, che provveda in luogo dell’inadempiente Regione, al compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla sentenza”.

A quantificare il danno, la perizia del 21 gennaio affidata dalla Santa Croce all’architetto Francesco Di Turi.

Dalla sua analisi, la somma complessiva ammonta 3 milioni e 554.276 euro.

Di essi 2 milioni e 5.397 euro, rappresentano la perdita di fatturato, calcolato sulla media delle vendite dell’anno precedente, e presumendo che la società avrebbe venduto l’intera quantità prodotta. La capacità di prelievo della concessione Fiuggino è di un litro al secondo, pertanto la società non ha potuto imbottigliare quasi 8.000.000 di litri di acqua minerale.

Ci sono poi i minori margini derivanti dalla perdita di avviamento nelle relazioni con la clientela in 1.403.534 euro.

La perizia calcola infatti la perdita di 287 clienti nel periodo di sospensione, con un fatturato medio ciascuno di 12.032 euro: cifre che vanno moltiplicate per gli anni di accordo di fornitura. Infine la minore capacità di attrazione di nuovi clienti viene calcolata in 145.345 euro.

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