Stupro di Pizzoli, in appello confermata condanna per Tuccia

francesco_tucciaL’Aquila. La Corte d’Appello de L’Aquila ha confermato la condanna a 8 anni di reclusione inflitta in primo grado a Francesco Tuccia, il giovane campano, ex militare all’epoca dei fatti di stanza a L’Aquila, accusato dello stupro ai danni di una studentessa universitaria laziale.

I fatti avvennero tra l’11 e il 12 febbraio 2011 all’esterno di una discoteca di Pizzoli .Nei confronti dell’imputato, che era stato condannato il 31 gennaio scorso dal Tribunale dell’Aquila, il pg Ettore Picardi aveva chiesto la pena a 11 anni di reclusione, di cu 7 per violenza sessuale e 4 per le lesioni personali. Lesioni che per la Corte d’Appello, pur riconoscendo all’imputato l’aggravante della crudelta’, le ha ritenute colpose. I legali di Tuccia avevano chiesto l’assoluzione o, in subordine una ulteriorte perizia sulla vittima, presente stamani in aula dove c’era anche l’ex militare. “Abbiamo mantenuto la pena cosi’ com’era’”, ha detto il giudice Manfredi, uno dei componenti del collegio d’appello. In aula presente come parte civile il Centro antiviolenza. Il pm David Mancini nelprocesso di primo grado chiese la condanna a 14 anni di reclusione contestando al giovane anche il reato di tentato omicidio ma il Tribunale non fu di questa opinione. All’ex militare fu applicata anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale per la durata della pena. La ragazza fu stuprata “con inaudita violenza” – come ricostruito in aula dall’accusa – e abbandonata dietro a un cumulo di neve fuori la discoteca. In quel momento la temperatura era di diversi gradi sotto lo zero. A salvarla – la studentessa sarebbe potuta morire dissanguata e per il freddo – furono gli addetti alla sicurezza del locale che avvertirono il personale del 118 e bloccarono il giovane che, precedentemente, si era intrattenuto con la giovane nella discoteca dove avevano avuto un primo approccio. Tuccia fu arrestato dai carabinieri una decina di giorni dopo il fatto. Tre mesi e mezzo dopo ottenne i domiciliari, cosa che desto’ malumore tra le rappresentanti del Centro antiviolenza, poi la concessione del permesso di lavoro con la possibilita’ di uscire dalla cella dalle 9 alle 13. Il processo di primo grado si svolse a porte chiuse, a differenza di quello odierno, su decisione del collegio per via dei temi scabrosi oggetto del procedimento penale. “Il collegio ha ritenuto che sussiste l’aggravante delle sevizie e della crudelta’, ha rimodulato la pena mantenendo pero’ alla fine la stessa condanna, cioe’ riformulando un nuovo capo. Per noi e’ importante perche’ era questo comunque quello che noi volevamo, che venisse riconosciuta la gravita’ del fatto e questa decisione riconosce sicuramente quanto il fatto e’ stato grave”. Lo ha detto l’avvocato Enrico Gallinaro, difensore di fiducia della studentessa dopo la lettura della sentenza che conferma la condanna ad otto anni di reclusione a Francesco Tuccia. “Noi eravamo soddisfatti – ha concluso il legale – in primo grado, lo siamo di piu’ ora perche’ oggi possiamo dire che sei giudici si sono espressi ed hanno ritenuto che il fatto purtroppo e’ stato veramente grave. Spero che la ragazza possa trovare un po’ di serenita’ da oggi in poi”. “Non e’ mai stata una questione di anni di carcere, e’ una questione di rendere giustizia ad una vicenda gravissima che una giovane donna e’ stata costretta a vivere”. Lo ha detto l’avvocato Simona Giannangeli, in rappresentanza del Centro antiviolenza delle donne dell’Aquila, parte civile al processo per lo stupro di Pizzoli (L’Aquila) dopo la lettura della sentenza di condanna della Corte di Appello dell’Aquila che ha confermato a Francesco Tuccia, la pena ad otto anni di reclusione. “Noi volevamo che si celebrasse un processo con tutte le garanzia di legge – ha aggiunto – anche per la persona offesa dal reato ed il senso della nostra presenza era ed e’ questo, assicurare che i diritti, l’incolumita’ psichica, fisica e il rispetto di questa giovane donna fossero garantiti fino alla fine perche’ i processi per stupro, per lesioni e maltrattamenti, le donne non sono mai rispettate e subiscono in realta’ un processo il piu’ delle volte sommario”.

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