Incendio Morrone, Parco Maiella: ‘Abbiamo droni ma i vigili del fuoco ci stoppano’

Sulmona. Arrivano i droni antincendio del Parco nazionale della Maiella: il progetto realizzato in collaborazione con la Sky drone è stato presentato nel corso di una conferenza stampa dal presidente dell’Ente Parco, Franco Iezzi, il quale ha spiegato che con il volo dei droni possono essere controllati il territorio, le fonti di calore, le presenze e i movimenti di persone e animali.

“Abbiamo a disposizione anche droni dotati di telecamere termiche – ha spiegato – che possono percepire il calore e quindi la presenza di persone e animali, come nel caso di escursionisti in difficoltà, orsi e tanto più l’innalzamento termico dovuto a principi d’incendio o ad incendi già divampati. Come possono essere intercettati dalle telecamere dei droni la localizzazione degli incendi e la direzione delle fiamme”.

“Per questo negli ultimi giorni abbiamo messo a disposizione questi mezzi per l’attuale emergenza incendi che sta devastando il territorio del Parco – ha proseguito il presidente del Parco lanciando una nota polemica verso i vigili del fuoco che coordinano le operazioni di spegnimento del fuoco – però anche sabato mattina, quando abbiamo offerto la nostra collaborazione, il comando provinciale dei vigili del fuoco l’ha rifiutata, perché l’area del Morrone è interdetta al volo”.

Secondo Iezzi però soprattutto in questa occasione andrebbero attivati interventi attraverso una rete tra Parco, Regione, Vigili del Fuoco, Protezione civile, “mentre siamo stati finora esclusi sistematicamente da ogni tavolo, se si esclude la riunione di ieri a Prezza”.

Agronomi e Forestali: ‘Sconcertati dalle dichiarazioni e dalle azioni del Parco’

La Federazione Regionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali d’Abruzzo, attraverso il presidente Mario Di Pardo, continua a seguire le notizie sull’incendio del Morrone, mentre tutta la categoria rimane “sconcertata dalle dichiarazioni e dai provvedimenti provenienti dal Parco Nazionale della Maiella”.

“Secondo il Parco – spiega Di Pardo – la prevenzione agli incendi sarebbe solo quella di dotarsi di droni e telecamere per individuare incendiari o animali e inoltre, attraverso la Direzione Parchi della Regione Abruzzo, sta premendo per far approvare le misure Sito Specifiche della Rete Natura 2000 che prevedono l’obbligo di rilasciare necromassa (legna secca) in bosco e stoppie nei campi da tagliare a 30 cm di altezza e da lasciare sul posto per lunghi periodi, a vantaggio di chi vuole bruciare il territorio il quale troverebbe combustibile pronto”.

“Nel contempo – aggiunge – altre norme e vincoli ostacolano la gestione attiva delle foreste attraverso i divieti di aperture di piste, strade forestali e fasce taglia fuoco indispensabili per la prevenzione agli incendi e l’ostacolo al fuoco.

In aggiunta gli agricoltori non potrebbero più arare i campi (nei tempi giusti dal punto di vista agronomico) per l’obbligo di rilasciare le stoppie per l’avifauna e non potrebbero utilizzare prodotti fitosanitari per la protezione delle colture agrarie dalle fitopatie in barba al decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, che ha istituito un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari e che ha definito il giusto rapporto fra la difesa fitosanitaria e la produzione con la salvaguardia dell’ambiente e della salute umana inserendo numerosi vincoli per la tutela dell’ambiente e della salute.

Tutto questo avviene in sordina mentre la montagna brucia”. Oltre a ciò, come dice il vice Presidente dell’Ordine di Pescara, Il dottore forestale Matteo Colarossi, il Parco ha stilato un elenco di specie arboree, a parer loro autoctone, da utilizzare e un’altra lista di specie non utilizzabili in rimboschimento poiché, secondo loro non autoctone.

“Vi sono specie autoctone e naturalizzate da tre secoli in Italia e in Abruzzo che sono utilissime nel rimboschimento su terreni rocciosi e di alta montagna – spiega Colarossi – come l’Abete rosso, il Larice, il Pino silvestre, il pino nero d’Austria, il Cedro e la Douglasia tutte a rapido accrescimento e adatte ai suoli rocciosi e sterili come quelli del Morrone già utilizzate dal 1920 per gli impianti andati a fuoco.

Queste specie sarebbero quindi le uniche in grado di attecchire su quei suoli e di crescere rapidamente e proteggere il suolo dai dissesti. Secondo la norma del Parco invece, si dovrebbe imboschire con latifoglie, le quali vegetano solo su suoli fertili e profondi e che entrano in successione al rimboschimento di conifere.
Se così fosse, il programma di rimboschire fallirebbe tecnicamente prima ancora che possa partire”.

“A tal proposito – dice Di Pardo – dopo mesi di nostre lettere e comunicati stampa, abbiamo appreso con favore la riunione del Presidente D’Alfonso indetta per il 13 settembre a Pescara per programmare un piano di Rimboschimento. Motivo per cui abbiamo chiesto di essere partecipi in quanto ente istituzionale, professionalmente competente in materia, offrendo la nostra collaborazione e i nostri consigli al fine di rinverdire la nostra Regione e far partire soprattutto la cosa più importante, la prevenzione attraverso la gestione attiva delle Foreste.

Pulire i boschi dal legname secco, rinaturalizzare i rimboschimenti di conifere, creare fasce taglia fuoco e piste forestali per gestire, sorvegliare e contrastare le fiamme sono l’unica via percorribile. Ci appelliamo al Presidente D’Alfonso – conclude Di Pardo – affinché si cambi passo e si fermi questo scollamento con la realtà e si incominci veramente a dare importanza a questo bene prezioso senza preconcetti e ideologie”.

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