Santa Croce, denunciati furti nello stabilimento di Canistro

Canistro. La società Santa Croce, proprietaria dell’omonimo marchio di acqua minerale e dello stabilimento di Canistro, ha presentato una serie di esposti contro ignoti ma anche contro noti, per denunciare i gravi episodi che da giorni si stanno verificando rendendo molto difficili le attività.

Fuori la struttura produttiva marsicana infatti alcune persone bloccano camion in entrata e in uscita, minacciando gli stessi autotrasportatori e danneggiando pneumatici e mezzi.

A questo si aggiunge il furto di cavi di rame, scoperto ieri, che ha causato la devastazione di una cabina elettrica e di motori elettrici all’interno dello stabilimento che ha messo fuori uso l’impianto produttivo dove sono presenti circa 8 milioni di bottiglie di acqua sequestrate dalla regione. Le denunce sono state indirizzate alle autoritàcompetenti e al prefetto
dell’aquila, al quale il patron, Camillo Colella, ha chiesto un incontro.

La situazione potrebbe essere collegata alla complessa e conflittuale vicenda della concessione della sorgente sponga di Canistro, che fino a circa un anno fa era assegnata alla Santa Croce, vincitrice di un bando poi annullato dal Tar al quale si
era rivolto il comune di Canistro.

In seguito ad un serrato contenzioso, ancora in atto tra la Regione abruzzo e la societa per azioni, attualmente l’ente regionale, dopo aver ignorato tre istanze di proroghe presentate dalla Santa Croce, ha revocato l’autorizzazione a captare acqua, lanciando un nuovo bando al quale hanno risposto quattro imprese. La regione sta portando avanti le procedure per l’assegnazione anche se sul bando a causa del ricorso della Santa Croce, pesa il pronunciamento del Tar che ha fissato l’udienza l’8 febbraio prossimo. Questa situazione ha costretto l’azienda a trasferire la produzione in Molise ed a mettere in mobilità i 75 lavoratori, scesi in piazza con presidi ed occupazioni, che saranno licenziati.

“Continuano ad essere vessati e ad essere lasciati soli dalle istituzioni – spiega Colella -. Non riusciamo a fare la nostra attività perché subiamo azioni di disturbo. blocchi e anche minacce che restano impunite. Oltretutto, ci sono malintenzionati che pensano che lo stabilimentoè chiuso e abbandonato ed organizzano raid e atti vandalici notturni. Non sappiamo più cosa fare”.

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