Ovindoli col cuore di Balto, lo sport dei cani da slitta diventa uno show marsicano

Ovindoli. Un quattro zampe, probabilmente, salverà il mondo. O quantomeno, un quattro zampe, sicuramente, salverà la propria sfera di neve e di cristallo che monta sulle sue spalle, sia per la personale e spiccata indole di sopravvivenza, sia per colui che, tempo fa, inventò lo sleddog, ossia, a tutti gli effetti, la disciplina sportiva della corsa dei cani con la slitta.

Nella cattedrale del deserto bianco dello sci, quale Ovindoli, l’amore umano per gli animali, accende di passione anche l’inverno di febbraio. Le code di mille husky sbarazzine e scodinzolanti si daranno appuntamento sulla neve di Ovindoli molto presto, in realtà.

L’ A B C dello sport col retrogusto della condivisione fra specie diverse, sceglierà, di fatti, come palcoscenico primario, le piste da sci di Monte Magnola Impianti.

L’appuntamento del 16 e del 17 gennaio è solo stato rimandato, infatti: all’Ovindoli Mountain Festival, crescono, come boccioli, tutti i semi degli sport che vanno a braccetto con l’inverno; dentro la bisaccia dell’entusiasmo, c’è anche lui: lo sleddog.

Sledoog significa, in poche parole, respirare la neve su una slitta trainata da cani sportivi. ‘Questa disciplina nasce nella lontana Alaska, dove, cioè, i cani da slitta venivano e, soprattutto, vengono tutt’ora utilizzati per questioni di lavoro quotidiano. In Italia, invece, l’attività della corsa con i cani da slitta è in voga dal 1992, da quando, cioè, si è affacciata su panorama nazionale l’associazione nostrana ‘Antartica’, la quale è responsabile, ad oggi, dell’organizzazione di gare internazionali relative proprio a questa disciplina alternativa.

Esistono, per fortuna, oggigiorno, molti appassionati del genere suddetto: questo fenomeno sportivo e di diporto al contempo, sta, man mano, infatti, seminando sempre più proseliti. C’è un numero costante attorno al quale ruota, in Italia, la sostanza dello sleddog’. Questo è il commento e la lucida scheda tracciata da Marcello Mancini, sportivo di L’Aquila e vicepresidente dell’Associazione ‘Antartica’, realtà formata, per ora, da 90 soci, corredati, attorno, da un’altra corolla corposa composta da semplici curiosi ed appassionati.

Lo sleddog è una disciplina sportiva posta a metà strada fra l’amore smodato per gli animali, vissuto nella sua parabola più estrema di empatia, e l’allenamento costante di essi stessi. Uno stile di vita, più che un modo alternativo di percorrere le distese nevose, quindi. ‘A differenza di qualsiasi altro sport, – racconta Marcello – nello sleddog, ciò che cambia e che muta di particolare si rintraccia proprio nella condivisione di un tragitto innevato con il proprio fido animale.

L’uomo dipende dai suoi cani, praticamente, così come i suoi cani dipendono dall’uomo che li guida. Si vive, in sostanza, 365 giorni su 365 a fianco dei propri compagni pelosi d’avventura’.

Sfide sulla neve intraprese in accompagno ai più fedeli amici dell’essere umano: il cuore non sente ragioni di pollice opponibile, in fondo, ma solo le segrete musiche di un rispetto quasi istintivo e spontaneo, che varca le convenzionali e più superficiali logiche di ‘razza’.

Montagna, sport, aria sana ed aperta, stretto contatto con la fauna e con la flora d’alta quota: questi sono i principi cardine attorno ai quali ruota una disciplina che vive per tenere anche in vita il rispetto per un partner sportivo non umano. La prossima competizione di Sleddog, relativa ad una gara di entità Mondiale, verrà celebrata nel mese di febbraio, appena entrato oggi in orbita. «Dello sleddog, però, esiste anche la versione più mite, che non per forza si specchia nel conflitto sportivo, ma che si esplica nella mania per le escursioni. A passeggio con i cani, infatti, si osservano tanti luoghi montani diversi. Ciò che si innesca, in questo modo, è una diversa ottica della montagna. Viverla ‘in braccio’ ad una slitta trainata da animali a quattro zampe, significa, in un certo senso, guardarla con una dinamica affascinante alternativa e sentirla viva anche grazie al respiro di un cane che corre in avanti per te ed al suo battito cardiaco dovuto alla corsa sulla neve». Disciplina nota, questa, soprattutto ai piccoli uomini del mondo, ossia ai bambini. Grazie a telefilm e film di stampo disneyano quali ‘Balto’ – film realizzato da Steven Spielberg – e ‘8 amici di salvare’, i cani da slitta, a livello di immaginario collettivo, sono entrati di petto nel repertorio fiabesco dei sognatori di tenera età. «I cani però, e con ciò sfatiamo un mito dilagante, hanno bisogno, come tutti gli atleti dell’universo parallelo umano, per poter effettuare questo sport, di un allenamento costante. Durante il periodo invernale, di fatti, vengono realizzate due o tre uscite settimanali a mo’ di esercizio per i cani. Di buono c’è, sicuramente, che il Siberian Husky, ossia il cane da slitta classico e più quotato, ha come istinto passionale di sopravvivenza, proprio quello di trainare. Per i cani, quindi, diventa una sorta di gioco, quello della corsa con la slitta, o, comunque, di comunione di compiti con il proprio padrone. – specifica Marcello – Per questa tipologia di cani, trainare una slitta, diventa una sorta di ragione di vita. Secondo me, – continua Marcello – la vera sofferenza è vedere un Siberian Husky chiuso a chiave in un appartamento striminzito, quindi in una sorta di prigione, anche se dalle pareti trasparenti e dorate. Il cane da slitta, di fatti, ha bisogno di due cose per essere veramente felice: l’ossigeno fresco nei polmoni ed una slitta da trascinare, appunto». Esistono, sulla distesa dei boccioli fiorati del ben fare della vita, tante piccole occasioni da cogliere al volo. Una di esse corrisponde, senza dubbio, con l’approccio allo sleddog: un’increspatura sensibile ed alternativa sul manto nevoso e sportivo tradizionale.

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