Italia Nostra chiede interventi più incisivi per L’Aquila

laquila_panoramaFinanziare la ricostruzione de L’Aquila con i fondi destinati al ponte sullo stretto di Messina. Questa, in sintesi, la proposta di Italia Nostra, secondo cui “a nove mesi dal terribile sisma, L’Aquila è una città morta, un cumulo di macerie dove niente è stato ricostruito e nessun piano è ancora stato approntato”.

L’associazione non ha dubbi: “La ricostruzione della città non è stata ancora avviata” e “la maggioranza degli edifici e monumenti sono tuttora senza protezione e destinati a un degrado irreparabile”. A detta di Italia Nostra, infatti, più del 70% dei beni storico-artistici delle chiese sarebbe ancora sotto le macerie e il rischio è che con l’inverno questi vadano persi irrimediabilmente.

“Nel centro storico de L’Aquila” continua Italia Nostra “erano concentrate tutte le funzioni pregiate, le istituzioni, circa 800 attività commerciali, lì risiedevano almeno 6mila studenti. Il terremoto ha prodotto i danni più gravi, determinando il suo totale svuotamento. E dal 6 aprile non si è fatto nulla per riportarlo in vita. Oggi sul centro storico de L’Aquila si lavora nel generale scoordinamento di iniziative e di poteri. Le istituzioni non collaborano tra loro. La parcellizzazione dei molti cantieri privati e pubblici concomitanti (ma non coordinati) e perfino i lavori di messa in sicurezza possono mettere a rischio altri edifici vicini; inoltre l’entità così estesa e pervasiva dei crolli e dei dissesti può indurre a interventi ulteriormente lesivi dell’identità storica e non risolutivi per la sicurezza.”

Vezio De Lucia, consigliere nazionale di Italia Nostra, sostiene che la ricostruzione sarebbe stata impostata come problema esclusivamente edilizio, accantonando la dimensione territoriale, senza un progetto di città. In un simile contesto, secondo De Lucia si rischierebbe “una ennesima speculazione edilizia aggravata dalla prospettiva di ricostruire una città ‘nuova’, seppellendo uno dei centri storici più belli del nostro Paese.”

Per l’associazione, dunque, è necessaria una legge speciale per costruire uno strumento normativo che faciliti il coordinamento degli sforzi di enti pubblici e privati, oltre che per proporre un accostamento delle competenze legislative e regolamentari proprie di differenti livelli di governo, nazionale e locale. “Servirà subito a rimettere in dialogo il Ministero per i beni culturali e il commissario” fa sapere l’associazione a riguardo, “ma anche gli uffici urbanistica del Comune e della Regione. Una legge speciale può anche proporre condizioni speciali per coloro che sceglieranno di ritornare a vivere e lavorare nel centro storico: incentivi ai giovani e alle istituzioni di ricerca, ai commercianti e ai professionisti, alle aziende capaci di fare de L’Aquila una città dell’innovazione”.

 Raffaele Di Marcello


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