Post referendum, è tutti contro tutti

Il risultato del referendum ha aperto il vaso di pandora; tra data delle elezioni e legge elettorale, le forze parlamentari non sono d’accordo su nulla.

La bocciatura della riforma costituzionale fortemente voluta dal governo Renzi era stata ampiamente prevista, ma nessuno aveva intuito la dimensione dello tsunami che ha travolto il governo. Negli ultimi mesi, il presidente del consiglio aveva rilasciato dichiarazioni contrastanti sull’eventuale legame tra l’esito del referendum e la sopravvivenza dell’esecutivo da lui guidato, ma vista l’entità della sconfitta non ha potuto che prendere atto della situazione e annunciare le sue dimissioni.

A quanto pare, l’attuale governo resterà in carica solo fino all’approvazione della legge di bilancio, subito dopo la quale il premier salirà al colle per rimettere il mandato nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Quello che accadrà dopo, è al momento imprevedibile; tecnicamente, Mattarella avrà sia la possibilità di indire nuove elezioni, che quella di affidare un mandato esplorativo per la verifica dell’esistenza di una maggioranza parlamentare disposta a sostenere un governo tecnico o istituzionale.

Ovviamente, il presidente si muoverà solo dopo aver sentito le opinioni in merito delle varie forze parlamentari e proprio qui è il nodo della questione. Già dalle prime dichiarazioni post voto, i vari gruppi parlamentari hanno auspicato soluzioni quanto mai diverse, in particolare per quello che riguarda i due principali argomenti del contendere, ovvero quando andare a votare e con quale legge elettorale.

Il Movimento 5 Stelle, dimostrando di aver ben compreso le logiche della politica più spregiudicata, ha subito reclamato l’immediato ritorno alle urne, mentre per quello che riguarda il nodo della legge elettorale, si è proposto di votare con una versione rivista dell’Italicum, da estendere anche al Senato.

Più articolata la posizione del centrodestra, spaccato tra la richiesta di elezioni immediate, proveniente dalla coppia Salvini Meloni e le posizioni più attendiste della vecchia guardia forzista, con lo stesso Berlusconi che ha fatto sapere di voler tornare alle urne solo dopo l’approvazione di una nuova legge elettorale.

Particolarmente complessa è, infine, la situazione del Partito Democratico; dopo la batosta che ha investito i renziani, nella sede di largo del Nazareno tira aria di resa dei conti e la minoranza dem affila le armi per tentare la scalata alla segreteria del partito, attualmente in mano all’azzoppato Matteo Renzi. La balcanizzazione del Pd, in atto da tempo ma acuita dagli ultimi eventi, si rivela nei diversi punti di vista sulla legge elettorale, che tra i democratici sono almeno tre: i bersaniani sarebbero favorevoli ad un ritorno al Mattarellum, la legge utilizzata fino al 2001 e poi sostituita dal governo Berlusconi con l’infelice Porcellum; Matteo Orfini e i suoi giovani turchi preferirebbero una legge ispirata a quella greca, caratterizzata da un premio di maggioranza di 90 seggi da assegnarsi già al primo turno, quindi senza ballottaggio; i renziani, infine, premono per una versione rivista e corretta dell’Italicum.

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