Chieti. Sono trascorsi ormai quasi quattro mesi dall’incendio doloso che ha devastato un deposito di rifiuti in contrada Sant’Antonio di Chieti, nelle colline tra il capoluogo teatino, Bucchianico e Casalincontrada.
Quattro mesi nei quali, dopo gli interventi d’emergenza, non è accaduto praticamente nulla con i cittadini loro malgrado coinvolti abbandonati a se stessi. Nelle due infuocate riunioni pubbliche tenute in piazza dopo il rogo (erano presenti i sindaci dei tre comuni interessati e, alla seconda, anche una funzionaria dell’ARTA), il messaggio che era stato lanciato era teso a tranquillizzare sulle conseguenze momentanee e future dell’episodio. Molti degli abitanti delle zone più direttamente coinvolte tuttavia non si sono fidati e hanno predisposto analisi in proprio giustamente ripetute nel tempo, organizzandosi anche in gruppi di vicinato per meglio affrontare le spese.
“Da parte nostra – sottolinea il presidente del WWF Chieti-Pescara Nicoletta Di Francesco – non possiamo che elogiare chi, coscienzioso, si sta facendo carico delle spese per le analisi, ben sapendo che in caso di contaminazione dei raccolti oltre al mancato guadagno, o comunque all’impossibilità di utilizzazione dei prodotti, dovrà accollarsi anche le spese del conferimento in discarica. Tutto questo per una situazione certamente creata da altri, a cominciare dalle autorizzazioni a suo tempo assurdamente rilasciate per una attività di stoccaggio provvisorio di rifiuti speciali in una zona agricola”.
Ebbene in alcune di queste analisi, relative in particolare alle olive che si stanno in questo periodo raccogliendo, sarebbero emerse tracce di contaminanti. Un fatto che, se confermato, metterebbe le famiglie in difficoltà sia in relazione al consumo personale sia sul piano economico. Con una duplice aggravante: la prima è che non tutti i produttori hanno disposto verifiche a proprie spese, la seconda è che non c’è alcuna certezza sulle zone realmente coinvolte a causa del pressappochismo degli interventi di emergenza che non hanno previsto controlli sui venti né l’elaborazione di modelli atti a individuare le aree maggiormente interessate dalle ricadute dei fumi e delle ceneri.
Oggi siamo in una situazione assurda. I piccoli produttori corretti e prudenti che hanno ordinato analisi tuteleranno la salute propria e altrui, rischiando danni economici anche cospicui. Coloro che, al contrario, consapevolmente ma a volte senza neppure saperlo, utilizzeranno per sé o per altri prodotti eventualmente contaminati potrebbero mettere a rischio la salute propria e degli altri. E il problema potrebbe ripercuotersi anche sui frantoi generando un effetto a catena.
Il WWF, in considerazione della particolarità della situazione che si è determinata, ha chiesto con una comunicazione scritta che la ASL, e in particolare il SIAN (Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione), intervenga di nuovo, anche in considerazione della eccezionalità del caso, andando oltre quelli che sono i controlli di routine sui prodotti agricoli in vendita nei mercati e che lo faccia a maggior tutela della salute pubblica, che è poi lo scopo preminente di tutta l’attività delle aziende sanitarie locali.
Allo stesso modo il WWF ha anche scritto ai sindaci di Chieti, Bucchianico e Casalincontrada perché, quali primi responsabili della salute dei cittadini, intervengano presso la ASL, ma anche presso l’ARTA, per l’effettuazione di nuove analisi con la divulgazione dei relativi risultati e perché mettano in atto ogni altra possibile azione idonea a riportare nella normalità una situazione che purtroppo, a circa quattro mesi dal disastroso evento, resta tuttora estremamente critica.
“Confidiamo – conclude la presidente Di Francesco – in un intervento dei sindaci, che del resto in assemblea si erano impegnati a non lasciare soli i cittadini. E intanto sollecitiamo anche l’intervento del prefetto al quale già da qualche settimana, a nome di diverse associazioni, abbiamo chiesto un incontro sul problema”.