Baby gang a L’Aquila: tra violenze, estorsione e spaccio. L’indagine

L’Aquila. Sei persone in carcere e 7 collocati in comunità. E’ il bilancio in cifre dell’operazione congiunta tra carabinieri del comando provinciale e della squadra mobile di L’Aquila, che hanno dato esecuzione alle misure restrittive sulla scorta del provvedimento emesso dal gip del tribunale dei minorenni.

Nel dettaglio, si tratta di una complessa attività di indagine che ha riguardato oltre 30 indagati minorenni e neomaggiorenni, accusati di atti persecutori, violenze, estorsioni, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, risse che si sono verificate nel territorio aquilano nel corso degli ultimi mesi. Si è trattato di episodi che hanno destato clamore pubblico, verificatisi all’interno del centro storico, con conseguente allarme sociale nella cittadinanza e con profili di elevata pericolosità anche per la sicurezza e l’incolumità degli stessi minori coinvolti.

Gli organi di polizia giudiziaria hanno operato in stretta sinergia mediante il compimento di attività tradizionali, nonché di complesse attività di intercettazione e videoriprese, che hanno consentito di far luce su uno spaccato estremamente allarmante e di ostacolare un percorso criminale in evoluzione. Ne è conseguita la necessità dell’intervento repressivo, che tuttavia rappresenta il primo tassello di una imprescindibile azione preventiva, nonché di riabilitazione dei minori coinvolti .

I soggetti raggiunti da ordinanze cautelari, sono accusati di aver promosso e condotto attività dirette a creare forme di predominio su altri coetanei, di controllo di porzioni di aree urbane, di smercio professionale di sostanze stupefacenti in zone sensibili, in prossimità di scuole, di scontro con altri gruppi antagonisti di minori, verificatisi in diverse zone centrali del capoluogo.

La nazionalità degli indagati è varia (Paesi balcanici, nordafricani e Italia) a conferma che il disagio e la devianza minorile non hanno necessariamente una specifica origine geografica .

A soggetti ospitati all’interno di comunità di accoglienza (sfuggevoli alle regole comunitarie) si affiancano cittadini italiani o comunque residenti con le famiglie di appartenenza.

 

Anche se l’azione repressiva di magistratura e forze dell’ordine è stata puntuale ed esaustiva, trattandosi di minori e neomaggiorenni si impone un forte richiamo all’esigenza di lavorare insieme agli enti preposti ed alla società civile per creare le condizioni di aiuto e prevenzione delle forme di disagio che generano questi fenomeni criminali, riguardino essi minori italiani, stranieri o stranieri non accompagnati.

Questa è la chiave dell’intervento della giustizia minorile. La repressione è intervenuta per evitare conseguenze estreme e più gravi, ma l’obiettivo primario deve tendere al reinserimento dei giovani nel circuito sano della società.

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