Chieti. Il commercio ed il turismo abruzzese parlano sempre di più lingue straniere. L’osservatorio Confesercenti infatti rileva una impennata delle incidenza delle imprese gestite da stranieri in Abruzzo, specialmente in alcuni settori.
A cominciare dal campo della ristorazione, dove le aziende straniere sono 875 in Abruzzo, pari al 9,3 per cento del totale, leggermente al di sotto della media nazionale che sfiora il 10 per cento: questo è tuttavia l’unico dato in controtendenza.
Perché se si analizza il quadro delle attività commerciali a posto fisso, si verifica infatti che il 7,7 per cento delle attività è gestita da titolari non italiani, a fronte di una media nazionale del 5,7 per cento, con punte del 10 per cento nei negozi di abbigliamento (contro il 9,7 di media nazionale), del 6 per cento nei distributori di carburanti (contro il 3,3 per cento), del 7,4 per cento negli alimentari (in Italia è al 6,8 per cento) e del 7,2 per cento nelle macellerie (contro il 5,9 per cento di media nazionale).
Il dato lievita ulteriormente se si entra nel mondo degli ambulanti: in Abruzzo gli stranieri titolari di una concessione sono 2 mila 340, pari al 50,9 per cento del totale, mentre la media nazionale è rimasta al di sotto del 50 per cento (precisamente al 49,7).
«In alcuni settori il peso delle imprese straniere è destinato a crescere – sottolinea il presidente regionale di Confesercenti Daniele Erasmi – specialmente in determinate aree interne dove i margini d’impresa si sono ormai azzerati. Sulla costa invece assistiamo alla realizzazione di veri e propri distretti multietnici che rischiano di diventare ghetti se le istituzioni non provvedono a mettere in campo politiche adeguate di integrazione sociale ed economica».
«Di fronte a questa crescita esponenziale di imprese straniere, anche la nostra struttura si sta adeguando a dare servizi e risposte ad una platea di imprenditori che arriva da ogni parte del mondo – spiega il direttore regionale di Confesercenti Enzo Giammarino – e soprattutto sul fronte della formazione stiamo adeguando il nostro catalogo. Le istituzioni tuttavia sono in forte ritardo da questo punto di vista».